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LA NOSTRA STORIA

Qui trovate la nostra storia, la nostra carta di identità, i nostri impegni programmatici e le biografie dei nostri delegati.

CHI SIAMO, OGGI E IERI

Carta d’identità (dicembre 2011) – Come tutti i movimenti siamo un corpo vivente, che cresce, si modifica,ha memoria delle radici e progetti per il futuro.

Quindi ogni tanto la “carta d’identità” scade e va rinnovata. Riportiamo dunque la sintesi più recente, pubblicata nel novembre 2011 in appendice al nostro quaderno “Lo scudo di carta” (convegno, sull’informazione come baluardo delle libertà , nel 150° dell’Unità d’Italia). In coda restano “pezzi” ed interviste  precedenti, perché i documenti non van distrutti. E la foto di gruppo? la trovate cliccando su I nostri delegati….

NOME. Nuova Informazione. Una componente della Fnsi – Federazione nazionale della stampa italiana -, ossia del sindacato nazionale dei giornalisti. Il quale, essendo un sindacato unitario, ha al proprio interno posizioni di diversa colorazione. Quella più democratica e solidale, diciamo pure di centrosinistra, si chiama Autonomia e Solidarietà. E qui ci potremmo fermare, ma siccome i lombardi hanno sempre avuto questa fissazione della specificità (“siamo unitari però diversi”) i giornalisti di A&S al di qua del Po prendono il nome di Nuova Informazione. Puro nominalismo, per carità, da addebitarsi al dna di Carlo Cattaneo.

LUOGO E DATA DI NASCITA. Milano, 1986. Siamo nati da una sconfitta, anche se a differenza dei Serbi non ne traiamo vanto. Nell’aprile dell’86, al congresso di Acireale, l’allora forza di sinistra che si chiamava Rinnovamento venne sconfitta e si sciolse. Dalle ceneri nacque dapprima una sorta di laboratorio di idee e progetti, che prese il nome dal luogo d’incontro, Fiesole (non a caso il nostro nome per intero è Nuova Informazione – Gruppo di Fiesole), e successivamente si strutturò in componente organizzata. Ossia in Autonomia e Solidarietà, presente ora in tutte le istituzioni della categoria, dove al governo e dove all’opposizione: sindacato, ordine, previdenza di primo e secondo pilastro, cassa mutua…

PROFESSIONE. Giornalisti “impegnati”, come si sarebbe detto una volta: tanto nella difesa dei diritti di lavoro dei colleghi e dei loro doveri deontologici, quanto nella difesa a oltranza della libertà d’informazione. E fin qui niente di originale. Però Nuova Informazione si è anche caratterizzata negli anni per un suo crescente coinvolgimento in battaglie civili e in iniziative culturali. Dalla militanza antifascista nell’Anpi (i GiAnpi) alle rappresentazioni teatrali sulle intercettazioni (In galera!), dall’impegno per le donne (Usciamo dal Silenzio, Giulia) alla libertà d’espressione (Articolo 21), dalla lotta per la rappresentanza (Sciarpa bianca sul tricolore, 50e50) alle decine di convegni di cui questi “quaderni” sono solo parziale testimonianza.


Il “CHI SIAMO” del 2009 – Son passati oltre dieci anni ed è cambiato il secolo e addirittura il millennio da quando le parole che trovate qui sotto vennero scritte. Nel frattempo è successo di tutto, inclusi due contratti di lavoro, che sarebbero stati tre se l’ostruzionismo degli editori non ci avesse “tirati in là” oltre ogni decenza. Le persone che vengono citate hanno talora cambiato città, pur mantenendo un legame con Milano, e redazione, oltre che incarico, taluni sono in pensione, mentre altri colleghi si sono affacciati all’impegno negli organismi di categoria. La vita nel frattempo è diventata più difficile e non solo per i giornalisti. La crisi economica, la crisi dei modelli, la radicale modifica dei tempi e dei supporti delle informazioni che hanno cambiato la stessa proposta informativa e di conseguenza l’organizzazione del lavoro… Anche noi dunque abbiamo dovuto interrogarci sul significato attuale del nostro “mestiere” e sull’attuale organizzazione del lavoro. Mentre attorno chiudevano testate e ormai metà del lavoro giornalistico era/è lavoro autonomo, la categoria s’è trovata ad affrontare nuovi problemi mentre i vecchi non erano risolti (conflitti d’interesse nelle proprietà, concentrazione della distribuzione, il duopolio televisivo che draga quasi il 90% della pubblicità…). E, fra i nuovi, un assalto senza precedenti alla libertà di stampa, aggravato dalla crescente precarizzazione dei giornalisti. Quindi chi siamo, oggi? La nostra “ragione sociale” non è cambiata. Nuova Informazione è sempre lì,  abita diciamo uno spazio laico e democratico che definire “di sinistra” è ormai riduttivo (ricca com’è di contributi eterodossi…), ha una gestione di gruppo, non verticistica , e dunque faticosa, antropologicamente diremmo che segue uno schema matriarcale e non patriarcale, cioè orizzontale e non piramidale, ma proprio grazie a ciò è inquieta, creativa, in perenne aggiornamento. Se proprio si vuole una definizione, diciamo che N.I. è la versione territoriale (lombarda) e rigorosa (un tot calvinista forse) della componente nazionale di Autonomia e Solidarietà. Da quando le righe che leggete qui sotto furono scritte, di alleanze e movimenti entro il sindacato unico dei giornalisti ce ne sono stati molti, mentre cambiavano gli statuti, gli istituti di categoria da quattro (Fnsi il sindacato, Inpgi l’ente previdenziale, Ordine un unicum nel mondo occidentale e pure orientale, Casagit l’assistenza sanitaria integrativa) divenivano cinque (Fondo di previdenza complementare), ma conta sapere che nel frattempo è diventato prima carsico e poi anche risorto il laboratorio di idee da cui è sorta A&S, cioè il Gruppo di Fiesole. Non che fosse mai morto, semplicemente gli incontri erano sempre più radi e, diciamolo, noiosi. Nuova Informazione ne teneva viva la fiammella, non solo nel logo, ma soprattutto nello spirito, poichè gli interessi e l’attività di N.I. non hanno razzolato solo entro il recinto della categoria o della sola libertà di stampa (pur avendo contribuito ad “Articolo21”). I rapporti con l’Anpi e i centri studi sulla Resistenza, con i movimenti per i diritti civili, con il territorio, le battaglie di genere, le alleanze con sindacati e associazioni su temi specifici hanno coinvolto N.I. nella costruzione sì di riflessioni (convegni, convegni!) ma soprattutto di iniziative concrete, di scrittura, di piazza, di messe in scena teatrali, di proposte di legge. Talora con risultati più gratificanti di quelli ottenuti dalla/nella categoria.  La riforma dell’Ordine – scritta riscritta discussa a sangue, la cui stesura finale “migliorativa” rivendichiamo, alla fine non veniva ancora approvata dal Parlamento – sembra una storia infinita. Qualche conquista strategica in più lungo la via del sindacato “dei giornalismi” e poi molto olio di gomito tattico: vertenze, paritetiche, integrativi, convenzioni, insomma amministrazione.  Poi, nel 2008, come spesso accade in tempi di forte difficoltà, s’è sentita impellente l’urgenza di uscire dalla gestione quotidiana e di tornare alle ragioni fondative. Il bisogno, nell’aria, è stato tradotto da un gruppo di volonterosi, tanti i giovani, nella rianimazione di Fiesole, tornata a riunirsi e far progetti. Naturalmente con la nostra partecipazione, noi che movimentisti non  abbiamo mai cessato di esserlo – “e io modestamente lo nacqui…” -,  sempre lì a discutere, battagliare e analizzare il nuovo e proporre interpretazioni e soluzioni, con grandi dubbi e altrettanta passione.  Ma al contempo aprendoci a nuove sintonie sindacali – mantenendo la nostra identità -, perchè era cosa giusta in un momento difficile per l’occupazione, perchè solo così il contratto unico finalmente rinnovato sarebbe stato anche unitario, perchè le antiche divisioni sembravano e sono bazzecole a fronte dei tentativi di condizionamento e azzoppamento della libertà di espressione. Insomma noi siamo questi, ma anche quelli di prima. Ma soprattutto siamo quelli di un domani sindacale democratico da difendere con le unghie e coi denti. Insomma è difficile fare una foto statica di una realtà in cammino… , ma Nuova Informazione è esattamente questo: un movimento in movimento. Panta rei. Comunque una cosa almeno l’abbiamo imparata: a scrivere LA DATA anche sotto il “chi siamo”. Oggi è il 20 agosto 2009…. M.C.


 Raccontare la genesi di Nuova Informazione, è un po’ raccontare il nostro modo di essere, il nostro modo lavorare, sempre “in avanti”. Dunque capita ogni tanto che i colleghi piu’ giovani chiedano, incuriositi, ragione di quella dicitura “gruppo di Fiesole” posta accanto al nome della lista sindacale o accanto alle liste volta a volta per le elezioni dell’Inpgi, dell’Ordine, della Casagit, del Fondo, ma anche dei cronisti e dei pensionati… Un riferimento ad una filosofia piu’ generale, un codice d’appartenenza. Ma come sempre, la cosa piu’ difficile, se non si è vacui ed arroganti -e noi contiamo davvero di non esserlo… – è raccontarsi. Cominciò così lo scaricabarile. Fallo tu, no pensaci tu. Finche’ decidemmo, in ciò tutti d’accordo, ch’era meglio affidare l’incarico alla terziarietà di giudizio d’un giovane. Ci guardammo intorno e la cosa  piu’ vistosa in cui inciampò lo sguardo – due metri d’altezza per due metri di diametro o quasi- fu Ettore Colombo. Il quale si  prestò volentieri alla fatica. Che iniziava con una domanda:”No, ma perche’ intervisti me? Senti piuttosto Bruno, no senti Aldo, anzi senti Raffaele, senti Alessandra o Mimosa…” in una circolaritàche tornava sempre al punto d’origine: Piero Scaramucci. Che di mestiere fa, in un certo senso, il fondatore. Visto che ha posto la prima pietra del gruppo di Fiesole e prima ancora era stato fondatore di Radiopopolare e, nella notte dei tempi, fu tra i fondatori del Bollettino di Controinformazione e, ma ormai siamo al giurassico, della prima Lotta Continua. Ecco dunque il testo, nella speranza che sblocchi l’imbarazzo e che altri, finalmente, trovino la voglia e il tempo di raccontare un passato che non è passato, poichè vive nelle lotte di tutti i giorni e nei seminari e nei convegni in cui continuiamo ad interrogarci sul senso di questo nostro mestiere.
Una curiosità: il tesserino di cui parla Ettore l’ha regalato a Piero il figlio di Mauro Rostagno (che qualcuno ricorderà: leader del movimento studentesco a Trento e poi di Lotta Continua, fondatore di Macondo a Milano e poi della comunità Saman in Sicilia dove venne ucciso dalla mafia) come un testimone di continuità che passa di mano in mano, di padre in figlio, di generazione in generazione. Come spero sarà anche del nostro impegno sindacale.  Marina Cosi


“PIERO, MA COS’ERA IL GRUPPO DI FIESOLE?”

Piero Scaramucci, alle pareti del suo ufficio nuovo di zecca all’interno della redazione nuova di zecca di Radio Popolare, a Milano, che dirige con piglio gentile ma deciso da vent’anni, ha appesi un bel po’ di ricordi. Quello che più mi ha incuriosito riguarda un tesserino stampa di Mauro Rostagno, l’ex esponente di Lc e fondatore della comunità di Saman ucciso dalla mafia tanti anni fa. Per pudore non ho chiesto nulla, non fosse altro perché sono venuto a trovarlo per intervistarlo su tutt’altro, cos’era alla nascita il gruppo di Fiesole. Intervista no profit, sito no profit – quello della “nostra” componente, Nuova Informazione – lavoro no profit, quello di chi – ancora oggi e forse più di ieri – s’impegna a tempo pieno o parziale nel sindacato.

Direttore, so che ti schermisci perché non pensi di essere stato l’unica protagonista di quella stagione, ma puoi raccontare a tutti noi quando e perché è nato il “Gruppo di Fiesole”?

A metà degli anni Ottanta, direi, dopo un congresso della Fnsi tenutosi ad Acireale del quale, riordinando le carte del mio studio, ho perso la data e i documenti, ma di fatto dopo la sconfitta che l’allora componente che potremmo definire di “centro-sinistra” ante litteram, quella che si chiamava “Rinnovamento”, storica corrente della Fnsi, e che proprio a quel congresso, dove prevalse la destra, o meglio i craxiani, allora capitanati da Giuliana Del Bufalo, si sfasciò definitivamente. Un piccolo gruppo di giornalisti, a quel punto, convocò un’assemblea e scrisse un documento che più o meno diceva così: “il sindacato si è sfasciato, il quadro politico è pessimo (c’era Craxi, al governo), i rischi per la libertà d’informazione sono tanti, ma il peso dei partiti – di tutti i partiti – sul sindacato si è fatto eccessivo, bisogna ricominciare da capo, anche perché – se il sindacato è a pezzi – la domanda di sindacato è invece ancora forte”. Ecco, sulla base di questo documento e di queste idee ci siamo convocati, attraverso un tam tam di telefonate e incontri, presso il centro studi della Cisl di Firenze, che si trova ai bordi della città, quasi al confine del comune di Fiesole. Non so perché, ma venne fuori questo nome, “gruppo di Fiesole”, che fece arrabbiare tantissimo i fiorentini. “Ma come, dissero, qui siamo a Firenze, mica a Fiesole!”. Insomma, niente, il gruppo si chiamò così e ci ritrovammo a fare due giorni di dibattito intenso e bellissimo, insieme a un centinaio di colleghi giunti da tutt’Italia. Ricordo, tra i promotori, Giuseppe Giulietti, attuale deputato, allora leader del sindacato interno Rai, l’Usigrai, Bruno Ambrosi, oggi presidente della Scuola per la formazione al giornalismo, e allora giornalista Rai nella sede di Milano, proprio come ero io, allora.

Di quali temi avete discusso a Fiesole, come siete usciti da lì e per fare che cosa, da allora in poi?

Il dibattito, come ti dicevo, fu splendido, molto “alto”, per capirci, ma discutemmo un po’ di tutto, affermando sostanzialmente due principi cardine: il primo, la difesa della libertà dell’informazione, allora fortemente minacciata dal potere politico, e il secondo, la necessità di una ripresa dell’attività sindacale su altri criteri, rispetto al passato. Erano presenti pochi quadri sindacali uscenti, a Fiesole, e il gruppo dichiarò esplicitamente che non voleva trasformarsi nell’ennesima corrente sindacale, ma diventare un luogo di elaborazione e di discussione aperto a tutti. Non a caso, nel corso degli anni, da quando cioè quello di Fiesole divenne un appuntamento fisso, prima semestrale e poi annuale, da noi passarono giornalisti di tutte le correnti e le aree, perché eravamo davvero aperti a tutti.  Non a caso, quando si ricostituì una componente sindacale di centro-sinistra, quella che oggi si chiama “Autonomia e solidarietà” a livello nazionale e “Nuova Informazione” a livello lombardo, la nostra posizione fu quella di tenere sempre ben distinto il “Gruppo di Fiesole” dal necessario lavoro delle aree sindacali, come anche dai vari soggetti politici che allora erano presenti sulla scena. Oggi, forse, non ci si rende conto di quanto fu decisiva e insieme difficile, quella battaglia di principio, ma allora eravamo in piena Prima Repubblica e la cappa asfissiante del tentativo di condizionamento politico era fortissima. A Fiesole e negli appuntamenti successivi – che andarono avanti fino al 1995, una decina d’anni, in sostanza – discutemmo del merito dei problemi: dell’attività giornalistica, della libertà di stampa, della normativa della professione e dei contratti, del sistema radiotelevisivo e delle concentrazioni editoriali, facendo uscire da quegli incontri idee, indicazioni, spunti per dibattiti, proposte di legge, iniziative.

Quale bilancio trai dall’esperienza di Fiesole e cosa credi che resti del suo spirito nel sindacato?

Guarda, innanzitutto vorrei dire che tutti i tentativi di etichettare Fiesole come un covo di giornalisti “comunisti” o “di sinistra” sono sempre falliti proprio perché Fiesole era molto di più: aveva chiamato a raccolta tutti i giornalisti “democratici” del Paese e si è tenuta sempre lontana dalle componenti, anche quelle più vicine al suo spirito. Oggi possiamo considerare Fiesole un’esperienza storicamente datata e irripetibile. Personalmente, mi ha riconciliato con la professione, che allora non mi piaceva, e poi ne mantengo il ricordo come di una fase della mia vita intellettualmente e moralmente affascinante. Fiesole ha retto per dieci anni e, a mio parere, ha consentito al sindacato, a tutto il sindacato, un grande passo in avanti, dotandolo di strumenti e riflessioni importanti e approfondite che, nel corso del tempo, hanno dato i loro frutti, ad esempio con l’adozione del nuovo statuto della Fnsi al congresso di Rimini, ma anche più in generale consentendo al sindacato di aprirsi a gruppi e logiche non politico-partitiche, imponendo all’attenzione del dibattito i principi della libertà di stampa e della tutela della professione del giornalista in qualità di portatore di un valore d’interesse pubblico e dunque del diritto/dovere di tutti i cittadini ad essere informati. Senza dire della ventata d’aria fresca che Fiesole portò nella Fnsi, grazie a una miriade d’iniziative pubbliche, convegni, dibattiti, prese di posizione che svecchiarono poi, a cascata, il sindacato e tutti gli organismi di categoria. Fiesole ha esaurito il suo compito storico, ma io vado ancora oggi fiero di aver contribuito a rendere comune a molti le riflessioni nate a Fiesole. Per me è stato un modo molto bello e profondo di vivere la professione, un modo molto difficile, che procura ostacoli e difficoltà, ma che per me è importante e gratificante, oltre che l’unico possibile: quello di intendere questo mestiere come ricerca, continua e critica, da giornalisti liberi, delle notizie.

Ettore Colombo

       
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