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Ordine, 60 anni e dimostrarli tutti
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Ordine, 60 anni e dimostrarli tutti

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Danilo De Biasio Nessuna valutazione
 

Un malandrino difetto tecnico faceva spegnere e accendere a capocchia le luci del Salone della Biblioteca Nazionale, dove venerdì sono stati ricordati i primi 60 anni della legge istitutiva dell’Ordine dei Giornalisti.

 

Il Ministro Nordio elencava i suoi maestri di giornalismo e zac, saltava la luce. Il costituzionalista Flick spiegava la tempra istituzionale dell’inventore di questa legge, il parlamentare democristiano Gonella, e zac, saltava la luce. E così via per tutta la mattina. Non bisognava essere uno stand-up comedian per prendere spunto da questo inconveniente tecnico e decretare che il bilancio di questi 60 anni di Ordine è proprio così: di luci e di ombre.
Il giornalismo alla sfida del futuro”, s’intitolava il convegno romano che ha aperto un ciclo di appuntamenti che speriamo propongano davvero un piano per il futuro della professione.

È andata così anche l’altro giorno? No, e non poteva accadere. Era un evento troppo istituzionale, di rappresentanza. L’appuntamento romano, sfoltito delle parole di circostanza, doveva semplicemente servire a riaprire un canale di comunicazione tra l’Ordine dei Giornalisti e il suo garante, il Ministero della Giustizia, e più in generale con il mondo politico da cui dipende, giustamente, l’adeguamento legislativo della vecchia legge 69. La domanda vera, quindi, è: questo canale si è riaperto? La risposta è sì, sembra essersi riaperto. Con quali esiti dipende da noi.

Il messaggio del Presidente della Repubblica per questa occasione non è stato un semplice saluto: quando la più alta carica dello stato scrive che il giornalismo vivifica la Costituzione assegna una funzione alta al nostro lavoro. E quando scrive che il ruolo del giornalista è prioritariamente quello di “libera critica”, purché rispetti la “sostanziale verità dei fatti” e sia in buona fede, sottolinea che siamo i watch-dog del potere. Ma lo siamo? No, non lo siamo, tranne ovviamente lodevoli eccezioni.

Cosa hanno detto gli altri tre ospiti istituzionali Nordio, Barachini e Sisto? Tolte le parole di circostanza hanno ammesso che il giornalista che pubblica intercettazioni non ha colpe, che ricadono invece su chi doveva vigilare (magistratura - e io aggiungo anche polizia giudiziaria) perché non accadesse. Il Sottosegretario all’Editoria punta molto sull’accordo per l’equo compenso, ma il problema non sta nell’accordo-quadro, ma su come verrà messo in opera, perché di fronte ai fantastiliardi di Google che margine di trattativa può avere un piccolo editore o un sito online?

Il sottosegretario Sisto - che si capisce sia cresciuto a codice penale e politica - si è preso il compito di ufficializzare la riapertura di quel canale fra Ministero di Giustizia e Ordine dei Giornalisti. L’ha un po’ infiocchettato: “dobbiamo lavorare per tenere assieme l’articolo 21 e l’articolo 24 della Costituzione”, ha detto; ma in fondo la sostanza è che il sottosegretario Sisto ha fatto sapere che se la legge 69 deve essere aggiornata, i giornalisti troveranno in questo governo chi li ascolterà.

E qui tocca davvero a noi. Il Presidente dell’OdG Bartoli ha sottolineato che ora i giornalisti svolgono “funzioni che in precedenza venivano svolte da figure che sono state progressivamente espulse dai processi produttivi”. L’ecosistema digitale non ha cambiato solo il giornalismo ma anche la nostra vita: che fare di fronte a “ondate di disinformazione” e “linciaggi digitali” governati dall’intelligenza artificiale? La polverizzazione del lavoro e la precarizzazione dei contratti lascia ancora più soli i giornalisti, in alcuni casi vittime di minacce o querele strumentali. E ancora, ha detto il presidente Bartoli, “occorre un giornalismo responsabile e al passo con i tempi, ma siamo legati ad una legge professionale dai princìpi validi, ma con tante norme obsolete e inadeguate”.

Il linguaggio è, come si addice, istituzionale, ma l’altro giorno alla Biblioteca di Roma ci hanno pensato 3 colleghi a portare la testimonianza diretta, spiegando perché dopo 60 anni una buona legge rischia di essere svuotata di senso. Nello Scavo, Andrea Luchetta e Sara Lucaroni hanno portato dosi massicce di concretezza, citando assicurazioni che non tutti gli inviati di guerra possono permettersi e pezzi pagati 2 euro e mezzo. E se cominciassimo da qui la riforma dell’Ordine?

 

       
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