Redazione
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Contro la riforma Cartabia
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Si può per legge ordinaria negare un diritto costituzionale? È quanto fa la legge Cartabia, contro la quale stamane a Milano una nutrita rappresentanza sindacale dei giornalisti lombardi
– il presidente Alg Paolo Perucchini, membri di giunta federale come Anna Del Freo, molti rappresentanti di Cdr e dell’Unione cronisti, nonché il presidente dell’Ordine lombardo Riccardo Sorrentino – hanno protestato dinanzi a Palazzo di giustizia, con striscioni, palloncini e soprattutto un altoparlante passato di mano in mano per comunicare i perché del presidio.
Si è contestata la norma che impedisce anche ai magistrati e alle forze dell’Ordine di fornire la pur minima informazione “utile” su fatti di cronaca.
Il massimo dell’assurdo è stato raggiunto dal recente comunicato con cui la procura di Bergamo ha “informato” circa la chiusura della (attesissima) inchiesta sulla pandemia di covid 19. L’unico nome riportato nel documentino (21 righe) è quello dello stesso procuratore capo di Bergamo, Antonio Chiappani, che firma il comunicato… Per il resto si annuncia che le indagini hanno coinvolto genericamente 17 persone e che “una rilevante mole di documenti” è stata acquisita, così come si è proceduto “all’audizione di centinaia di persone informate dei fatti”. Stop.
Da Bergamo e dunque dalla Lombardia è partita la protesta dei giornalisti, impossibilitati a fare il proprio mestiere d’informare. Un cappio per l’informazione locale che, ancor più dei giornali nazionali, vive di cronaca territoriale.
La norma, che porta il nome della ex guardasigilli Marta Cartabia, era stata varata in nome del diritto alla presunzione di innocenza. Ma di fatto si è trasformata in un bavaglio al diritto di cronaca in sé e di conseguenza un impedimento allo stesso diritto dei cittadini ad essere informati su fatti di pubblica rilevanza.