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Le pec e l'Ordine commissariato: il caso Campania
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Deontologico

Le pec e l'Ordine commissariato: il caso Campania

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Oreste Pivetta Nessuna valutazione
 

Finalmente andrà a soluzione anche la “questione Campania”, cioè anche la Campania dei giornalisti avrà il suo consiglio regionale dell’Ordine regolarmente eletto ed eletto con buona pace di tutti, dopo le carte bollate, anche se con parecchi mesi di ritardo.

Non che in Campania non si sia votato alle date fissate per tutti, cioè per tutti gli Ordini regionali e per il Consiglio nazionale. Solo che in Campania ci si è messa di mezzo la pec, proprio la posta elettronica certificata imposta dal ministero con una legge (28 gennaio 2009 n. 2) , che è bene ricordare (impossibile negare la riluttanza di tanti ad accogliere una simile prescrizione) e che vincola i professionisti iscritti in albi a dotarsene, appunto, e, per giunta, a comunicarne ai rispettivi Ordini o collegi l’indirizzo... Spetterà poi agli Ordini – insiste la legge – provvedere alla pubblicazione, in un elenco riservato, consultabile in via telematica esclusivamente dalle pubbliche amministrazioni, dei dati identificativi degli iscritti con il relativo indirizzo di posta elettronica certificata.

Tutto chiaro. Tanto chiaro e insuperabile che gli Ordini regionali dovrebbero cancellare i giornalisti, professionisti o pubblicisti, che non risultassero in possesso della pec. La Campania, come si scopre ad apertura del sito, ne ha già sospesi quasi tremila: una enormità.

Al seggio napoletano, per il voto quindi in presenza, si sono presentati però colleghi in regola a metà: con la loro pec, senza aver comunicato l’indirizzo, come prescritto (e come era stato ricordato alla vigilia delle elezioni). Risultato: ad alcuni, numero imprecisato, non è stata concessa l’opportunità del voto.

Alcuni, una ventina, spalleggiati da un sindacato, il Sugc, sindacato unitario giornalisti campani, così si legge, non ci stanno e danno il via ai ricorsi: il primo ricorso al consiglio di disciplina regionale che lo respinge, il secondo al nazionale, che lo respinge, il terzo al Tribunale di Napoli, che lo accoglie, annullando la delibera del consiglio nazionale. Per ragioni poco comprensibili: una violazione della legge c’era stata. Spiegazione dei ricorrenti: si sarebbe potuto comunicarlo in presenza, direttamente al seggio, ma ci è stato impedito. E perché non prima, tramite banalissima mail o telefonata? Quesito inevaso.

Il consiglio nazionale dell’Ordine ha deciso di non trascinare ad oltranza la situazione di un consiglio regionale senza un presidente (era stato rieletto Ottavio Lucarelli) e ha scelto la strada della ripetizione delle elezioni. Scelta di buon senso, per metter fine al contenzioso napoletano. Così il ministero ha nominato un commissario, Gerardo Bombonato (che fu presidente dell’Ordine dell’Emilia Romagna) per la gestione dell’appuntamento elettorale e il nazionale ha fissato le date: tra una convocazione e un ballottaggio, tra voto telematico e voto in presenza, si andrà dalla fine di marzo alla fine di aprile. Tutto molto complicato: il che obbliga a pensare che una riforma dell’Ordine (cioè della legge istitutiva che “festeggia” i sessanta anni di vita) dovrà anche riformare le procedure elettorali. Con la pec, ovviamente, e, possibilmente, con una cultura delle regole un po’ meno rilassata.

 

       
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