Marina Cosi
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Mire saudite e libertà di stampa
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di Michele Urbano
Si scrive Gedi, ma si legge “Repubblica”. O, se si preferisce, “La Stampa”. Due gioielli dentro la stessa cassaforte. Quella di Jhon Elkann, ossia della famiglia Agnelli, che attraverso la finanziaria (olandese) Exor li controllava. Ma che potrebbero uscirne come già hanno fatto quei quotidiani di “provincia” che facevano parte del ricco bouquet iniziale e che, pian piano, sono stati venduti. Qualche esempio? Il Piccolo di Trieste, la Gazzetta di Mantova, Il Secolo XIX di Genova, il Messaggero Veneto. Sia chiaro per ora ci sono solo voci e smentite. Ma non sono bastate a sedare l’ondata di allarme e preoccupazione. E non solo nelle redazioni interessate e nei lettori. Anche nella politica tutte le antenne sono state alzate.
L’operazione di cui si parla, in realtà, sarebbe una trattativa tra l’erede dell’Avvocato e la società ellenica “Antenna Group” controllata da Theodore Kyriakou, in qualità di azionista principale e, ca va sans dire, Presidente. Chi è Theodore Kyriakou? Laurea in Usa e foto incorniciata del presidente Trump sulla scrivania, è l’erede di una storica dinastia di armatori.
Non è superfluo aggiungere che quello di Kyriakou è uno dei maggiori gruppi editoriali greci con attività a Cipro, Romania, Moldavia, Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca (nonché Australia e Stati Uniti). A leggere l’elenco dei paesi dove si concentra il business di “Antenna” risulta evidente che per ora, almeno, la sua sfera d’influenza si concentra sull’Europa centro-orientale, mentre è del tutto assente nell’Occidente del vecchio continente. E, bisogna aggiungere, particolare non secondario, che al gruppo i soldi certo non mancano. Theodore Kyriakou può contare, infatti, su un collaudato partner in affari, il principe saudita, Mohammed bin Salman Al Saud, che, tre anni fa, aveva investito 225 milioni euro per comprare il 30% di “Antenna Group”. Va pure ricordato, per amor della cronaca e per i deboli di memoria, che Mohammed bin Salman Al Saud, è il principe che nel 2018 avrebbe ordinato l’assassino del giornalista – suo oppositore – Jamal Khashoggi, ucciso e fatto pezzi nell’ambasciata saudita in Turchia. Anche per questo si può capire perché le indiscrezioni su una trattativa tra John Elkann e il gruppo editoriale greco-saudita, nonostante le smentite, abbia diffuso un’ondata di inquetudine. Senza dimenticare che il principe saudita, in Italia, ha buoni amici nel mondo politico. La premier Giorgia Meloni, all’inizio di quest’anno, ha guidato una visita di Stato in Arabia Saudita terminata con una dichiarazione che auspicava una fase nuova e di sviluppo della cooperazione tra Italia e il regno del principe ereditario. Che sempre per la cronaca, va pure aggiunto, è generoso amico di Matteo Renzi. Che smentisce di avere un ruolo nell’operazione.