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Minculpop alla polacca


beataPrima l'annuncio del governo conservatore polacco sulla legge bavaglio alle emittenti e agenzie pubbliche, poi l'allarme lanciato dalla Federazione europea dei giornalisti, infine l'annuncio della Commissione europea dell'apertura di una procedura d'infrazione. Ma in un'Europa in cui i Paesi tornano ad essere Nazioni e si barricano dietro a muri di confine, la cosa ormai non desta stupore. Tristezza sì, allarme pure, ma meraviglia niente. E soprattutto nessuna protesta popolare. L'"idea", annunciata dal viceministro nonchè ministro della Cultura polacco, Piotr Glinski, benedetta dalla premier Beata Szydlo e attuata da un Parlamento entusiasta è una legge organica che "trasforma" radio, televisioni e agenzie pubbliche, inclusi i 17 programmi radiofonici nazionali e la Pap (praticamente l'Ansa polacca), in "istituzioni culturali nazionali", come i musei e i conservatori musicali... Disciplinati ed obbedienti, sulla falsariga dei vicini ungheresi. La prima a reagire, il 15 dicembre era stata la Federazione europea dei giornalisti (EFJ), con un preoccupato comunicato del presidente Mogens Blicher Bjerregård: "Il governo nella sua riforma dei media deve mantenere la garanzia di libertà editoriale dei mezzi di comunicazione. L'indipendenza editoriale è essenziale sia per i media pubblici che privati in ogni società democratica". Ma la Drp, l'Associazione dei giornalisti polacchi aderente alla Efj, è molto pessimista e si attende un'ondata di licenziamenti contro i non pochi giornalisti critici verso il governo. Un segnale è già venuto il 23 novembre quando Karolina Lewicka, una presentatrice televisiva dell'emittente pubblica TVP è stato sospesa in seguito a sue osservazioni critiche nei confronti del ministro della Cultura. Andrzej Bilik, direttore degli affari internazionali dell'associazione Drp, prevede un ulteriore declino della qualità e dell'autonomia del servizio pubblico: "Il governo sta distruggendo ogni libera voce. Sotto il controllo governativo i giornalisti potranno scegliere soltanto fra essere licenziati o imporsi l'autocensura ". Poichè nonostante gli appelli e gli allarmi il governo non ha fatto marcia indietro, anzi ha fatto approvare proprio nell'ultimo giorno dell'anno 2015, da entrambi i rami del Parlamento polacco, la legge quadro che concede al ministero del Tesoro il potere di nomina di tutti i responsabili di tv e radio pubbliche, allora i direttori hanno preso d'anticipo il governo e hanno presentato le loro dimissioni. L'hanno presentate direttamente dai microfoni delle loro emittenti, lanciando l'allarme sui rischi per la libertà di parola e per il pluralismo. Inframezzando ogni ora le loro dichiarazioni con le musiche "europea" dell'Inno alla gioia di Beethoven e "patriottica" dell'Inno polacco. Dopo la legge quadro sarà la volta, si presume entro la fine di febbraio, delle conseguenti modifiche che trasformeranno lo status legale dei media polacchi da “pubblici” in “nazionali”, con modifiche al sistema di finanziamento e alla disciplina interna. Una triste annotazione in conclusione: non ci sono state proteste (se non degli oppositori politici) e manifestazioni e raccolte di firme. La popolazione polacca sembrerebbe sinceramente disinteressata alla questione...
       
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