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Il Fondo giornalisti e il gatto e la volpe...


Ladro"Altro che libera concorrenza; qui siamo allo scippo". Così avevo scritto a inizio gennaio per allertare nuovamente quei colleghi iscritti al Fpcgi (Fondo Pensione Complementare dei Giornalisti Italiani) che venivano avvicinati, entro le mura della redazione, dai promotori di un grande gruppo assicurativo. Alcuni dei quali, per convincere il collega a passare dal fondo negoziale di categoria al loro fondo aperto, non si facevano scrupolo di dare giudizi allarmistici sul "nostro" e ventilare catastrofi. Ovvero d'inventarsi regole bislacche (del tipo: se tu morissi anzitempo noi daremmo il patrimonio agli eredi, non come il Fpcgi che s'incamera tutto...). E qualche collega ora denuncia di peggio: il documento che alcuni promotori gli han sottoposto alla firma definendolo un consenso ad informare, di fatto invece si sarebbe rivelato, grazie ad alcune clausolette, un cogente impegno ad aderire... Mani avanti: nessuno mette in discussione l'utilità per il consumatore della concorrenza trasparente e leale. Peraltro la stessa legge prevede la cosiddetta "portabilità", cioè che si possa traslocare da un fondo all'altro. Non ho però scritto "traslocare armi e bagagli", perchè chi lascia il fondo negoziale perde giustappunto alcuni benefici a partire da quelli contrattuali. Ecco dunque che l'interesse di alcune compagnie a pescare clienti nel laghetto del fondo di categoria si sposa con l'interesse al "risparmio" degli imprenditori. Difatti, lo sappiamo, le aziende editoriali sono obbligate, per contratto Cnlg, a versare ai colleghi l'1 per cento del loro stipendio lordo, ma soltanto se i colleghi aderiscono al Fondo Giornalisti. Questo spiega anche come mai i promotori entrino così facilmente nelle sedi e in certi casi ottengano dalle aziende l'uso di salette riservate. Tutto cominciò, a mia memoria, qualche anno fa alla Gazzetta dello Sport, approfittando del nobile gesto della redazione che intendeva offrire, e offrì, un'assicurazione al figlio d'un collega morto precocemente e che per questo contattò una compagnia assicuratrice. Stabilito in questo modo un rapporto, poco dopo i promotori iniziarono a proporre a singoli redattori le proprie polizze "al posto" dell'adesione al Fondo. Per convincere arrivarono a dire che il Fondo stava fallendo, che era esposto con titoli tossici e altre gravi invenzioni. Lo scrissero anche, in un'email; questo documento consentì al Fondo Giornalisti di inviare un esposto alla Covip, l'istituto vigilante, ed emettere un comunicato stampa. Sono passati quasi quattro anni, ma le incursioni non sono cessate. Colleghi di Rcs, Giorno, Mediaset e altre aziende editrici segnalano pressioni, informazioni distorte, adesioni contrattuali non concordate. E fiabesche promesse. Che fare per difendersi? Innanzitutto mantenere la guardia alzata, sapendo che non esistono alberi di zecchini d'oro, anche se a dirtelo è il gatto e la volpe... A sua volta il CdA del Fondo Giornalisti fa sicuramente molto, ma evidentemente ancora non fa abbastanza per stoppare le pratiche scorrette. Fra le quali mettiamoci pure il conflitto d'interesse, visto che i promotori più spregiudicati operano per "marchi", diciamo così, impegnati nella gestione di quote di capitale dello stesso Fondo Giornalisti...
       
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