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Il Circolo del sindacato che non è


 di Beppe Ceccato

Sì, al Circolo della Stampa il cerchio si è chiuso. Ma una discussione rimane aperta. Cominciamo con i fatti. Con una maggioranza schiacciante il Consiglio del Sindacato Lombardo dei Giornalisti ha deferito ai probiviri Giuseppe Gallizzi, Giuliano Lombardo e Francesco Ogliari, nell’ordine, presidente uscente da più di dieci anni e consiglieri (uscenti) del Circolo della Stampa. Contemporaneamente, ha ritirato le nomine fatte a giugno (a partire da quella del direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli) e nominato un consiglio pro-tempore, per gestire la transizione, sperando in un ritorno della candidatura Mieli,  composto dai membri del Direttivo ALG. Una brutta storia. Che è anche una metafora perfetta del sindacato che non è. E che non c’è. A Milano come a Roma. A Palermo come a Torino. Certo, all’ombra della Madonnina la vicenda ha per protagonisti degli attori che di sicuro non hanno studiato da Strehler. Anzi, ha una trama triste, scontata. Di quelle che ti fanno girare pagina e passare la voglia di leggere. Dove i cattivi si dicono buoni. E dove forse anche i buoni non sono tutti buoni.  Giovedì 4 dicembre, ore 11, viale Monte Santo, sala del Consiglio direttivo dell’Associazione lombarda giornalisti, affollata come non mai. Cupa l’atmosfera.  Siamo all’epilogo di un racconto che ha inizio in giugno. Quando il direttivo della Lombarda nomina all’unanimità - dunque, anche con i voti dei componenti in consiglio del Movimento Liberi Giornalisti (corrente sindacale che fa riferimento a Giuseppe Gallizzi) - i nuovi vertici del Circolo. L’unanimità convergeva su un nome prestigioso, il direttore del Corriere della  Sera, Paolo Mieli. Una scelta, per dare impulso ad un circolo da molti ritenuto lontano dai colleghi. E per di più sotto sfratto. Chi meglio del direttore del quotidiano milanese per eccellenza può essere il garante del rilancio? Già, tutti d’accordo, nessun altro. E così, spettando di diritto al direttivo ALG la nomina del presidente, l’operazione va in porto come previsto. Tutto questo ufficialmente. In realtà succede anche qualcosa d’altro. Cosa? Che Giuseppe Gallizzi non fa i bagagli. Anzi, s’incolla alla poltrona “presidenziale”. Ritarda l’addio. E l’insediamento di Mieli. Perché? Mistero. Di certo si sa che Gallizzi lamenta il mancato rispetto di accordi presi su altri fronti. Vero? Falso? Chissà. In compenso cresce la tensione. Anche perchè, secondo gli avvocati dell’associazione, ci sarebbero irregolarità, di rilevanza penale, che riguardano la “Società Centro Servizi Congressuali Circolo della Stampa”. Insomma, la cassaforte del circolo. Leggere – per cercare di capire il clima - il verbale di deferimento ai probiviri di Gallizzi, Giuliano Lombardo e Francesco Ogliari.  Ma questa è già un’altra storia. Vedremo. La domanda oggi è: cacciato Gallizzi da Circolo il problema è davvero risolto? Già, questa è una  brutta storia che può trasformarsi in utile lezione solo se diventa una riflessione per tutti. E senza sconti. Ci sono innocenti se al nostro interno si sono formati gruppi, cordate, “famiglie” di frankenstein, di  autoreplicanti? Non è che i tanti piccoli fortini di potere possono esistere perchè troppi occhi in questi anni sono rimasti chiusi? Non è che forse lo stesso modello di rappresentanza democratica, quello che dovrebbe selezionare i dirigenti, presenta punti di ruggine opaca? No, il problema non è solo il Circolo della Stampa. Parliamone.
       
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