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Elezioni Inpgi, le luci, le ombre, il futuro


di Guido Besana Le polveri di una campagna elettorale velenosa e demagogica impiegheranno tempo a posarsi, ma almeno la tornata elettorale si è compiuta e i risultati sembrano chiari.La compagine che ha governato l'Inpgi negli ultimi due mandati mantiene la maggioranza del Consiglio Generale. I "nostri"sei consiglieri di amministrazione che si sono ricandidati, Silvia Garambois, Marina Macelloni, Giuseppe Marzano, Edmondo Rho, Claudio Scarinzi e Paolo Serventi Longhi, sono stati rieletti. Nei collegi regionali, quasi ovunque, sono stati eletti prevalentemente consiglieri che fanno riferimento alla stessa area, dalla Valle d'Aosta alla Puglia. Abbiamo perso, e in maniera rilevante, tra i pensionati e tra i Sindaci, e nel Lazio il risultato non è positivo. In Lombardia la maggioranza di cui facciamo parte, sia in Associazione che in Federazione oltre che all'Inpgi, ha ottenuto un consenso molto rilevante tra gli attivi, nove eletti su dodici. Non abbiamo ripetuto il risultato incredibile di quattro anni fa, quando riuscimmo a eleggere tutti e dodici i consiglieri generali, ma in realtà si sapeva che sarebbe stato quasi impossibile un bis. Il voto ha determinato un peso complessivo minore della maggioranza nel Consiglio Generale, e di conseguenza avremo anche un Consiglio di Amministrazione in cui il peso delle opposizioni sarà più rilevante. La campagna elettorale, e le dinamiche del voto, hanno anche evidenziato un fatto importante, che non riguarda solo l'Istituto di previdenza. Siamo definitivamente oltre le vecchie componenti. Ho visto i nostri di Nuova Informazione distribuire i volantini ( santini ) di Stampa Democratica, visto che avevano finito quelli "auto prodotti" e visto che i candidati erano gli stessi, e ho visto Marina Così e Giovanni Negri appaiati in un "coda a coda" in fondo allo scrutinio del voto cartaceo dei pensionati lombardi, evidentemente impallinati in coppia da un elettorato che non ha voluto sentire ragione. Il voto dei pensionati, senza voler esprimere alcun giudizio sugli eletti, ha evidentemente voltato le spalle a chi, in questi mesi, ha sostenuto con forza che anche chi è in pensione ha il dovere, solidaristico, di contribuire al riequilibrio dei conti dell'Inpgi. E i nomi sono quelli di Guido Bossa, presidente dell'Unione Pensionati, Enrico Ferri, sindaco uscente dell'Inpgi, che quindi i conti li conosce bene, Giovanni Negri, che ha detto molto chiaramente da che parte stesse l'interesse della categoria, e Marcello Zinola, la voce più caustica nei confronti degli egocentrismi demagogici. L'opposizione che avanza, ma non troppo, ha sicuramente ottenuto un consenso importante, ma è anche priva di una unità di intenti e di programma. Difficilmente potranno convivere i teorici del tutto sbagliato, e in Lombardia ne abbiamo parecchi, con gli azzeccagarbugli che sedevano in consiglio di amministrazione e che per sette anni hanno approvato tutto per poi fare qualche distinguo in vista delle elezioni. Potevano ritrovarsi solo sullo slogan "mandiamoli a casa", ma così non è stato. Adesso c'è una pausa, si chiamano tempi tecnici, prima bisogna far passare i termini per gli eventuali ricorsi e poi bisogna convocare, con un anticipo di una decina di giorni, il Consiglio Generale. In quella sede si eleggerà il nuovo consiglio di amministrazione. Qualche settimana per chiarirci, fare probabilmente qualche riunione, trovare donne e uomini in grado di attuare un programma. Non è una passeggiata, si tratta di costruire l'Istituto di previdenza dei giornalisti di domani, in un contesto dialettico in cui la FNSI dovrà costruire i contratti di lavoro del futuro e in cui la FIEG chiederà le risorse pubbliche del futuro, mentre il governo che ha già ridisegnato gli ammortizzatori sociali metterà sul tavolo le suo proposte di riforma della 416, dell'Ordine e delle leggi su bavagli vari e conflitti di interesse, con all'orizzonte, neanche troppo lontano, la revisione della Gasparri. Di fronte a questo sarà nostra responsabilità, come maggioranza, non farci del male come categoria. E il primo passo sarà quello di considerarci come un insieme di persone e di storie, con un progetto comune, e non più come una somma di aree distinte, le vecchie componenti ormai defunte. Il voto ci dice che oggi non ha senso parlare di autonomia e solidarietà, siddiani, usigrai, i tre pilastri che quindici anni fa determinavano le politiche degli enti di categoria. Trovo che questo confermi una idea che già era tra i risultati dell'ultimo congresso federale di Chianciano, a gennaio 2015, e cioè che sui fatti, sui progetti e sui principii si costruisca un cammino. Succede sempre così quando le sigle si svuotano e quando succede si ha la grande opportunità di costruire. Con l'obbligo però sempre di non dimenticare la propria storia e quella degli altri, e quindi di dire chiaramente e con orgoglio buon lavoro e auguri a Marina, Marina e Beppe, i "nostri" tre eletti.
       
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