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Divagazioni su un ambrogino non dato


di Maxia Zandonai

Congratulazioni a Michelino Crosti, voce storica di Radio Popolare e "colonna portante" della sala stampa di Palazzo Marino. Quasi come gli "Omenoni" che sorreggono la facciata della Casa de' signori Calchi, proprio li' vicino (ancora non insigniti d'alcunché, se non dalla fama che, almeno per loro, supera i confini meneghini). A lui, e a don Antonio Sciortino, direttore "pilastro" di Famiglia Cristiana, andra' il 7 dicembre l'Ambrogino del Comune di Milano. Non risulta ci siano stati contrasti su Michelino. Mentre è un Ambrogino di "risulta" quello a don Antonio. Trattasi infatti di bilanciamento sulla pesa cattolica, dopo l'affondamento del finanziere Gianmario Roveraro (Opus Dei). Il quale Roveraro è stato sacrificato dalla Moratti in persona (dopo essere già stato rapito e ucciso nel 2006), per far posto all'avvocato, professore della Statale, Giorgio De Nova. "Preteso ad ogni costo", si dice, dalla sindaca forzainterista. Don Sciortino ha bilanciato, così, Roveraro. A candidarlo ci aveva pensato polemicamente il pugnace leghista Matteo Salvini, novello Oldeprandino Tangentino (comandante della fanteria che accompagnava il Carroccio nella disastrosa battaglia di Desio del 1277, ndr.). "Voglio vederlo mentre lo premio con la faccia da razzista", aveva sibilato il podestà leghista, coniando la versione lumbarda del borbonico "facite 'a faccia feroce". Per la cronaca e per la coerenza, Oldeprandino Salvini non ha poi sostenuto la sua stessa idea in commissione Ambrogini: si è infatti alzato dalla seduta, lasciando il gravoso compito della candidatura di Sciortino ad Andrea Fanzago del Pd. Rimpiazzo accettato di buon grado dal centrodestra, quanto mai a suo agio nel deliberare un Ambrogino "involontario". Risulta invece unanimità di consensi e consapevolezza, ecchediamine, per l'Ambrogino all'editore di Tex e Dylan Dog (Sergio Bonelli, ndr). Si mormora che il centrosinistra abbia proposto un riconoscimento postumo anche per gli editori de "Il signor Bonaventura", "Sor Pampurio" e "Bibì e Bibò", cui An avrebbe replicato sostenendo a spada tratta una medaglia d'oro al valor militare per il fumetto degli Anni Trenta "Lucio l'avanguardista" (disegnato da Enwer Bongrani). L'accordo, eccheggiano i corridoi, sarebbe stato trovato su Topolino, a patto però di chiamarlo Tuffolino, come "quando c'era lui". Ma oramai tutti i posti da Ambrogino (e anche da Tuffolino) erano occupati. Di Topolino o chi per esso si riparlerà, forse, il prossimo Ventennio. Resta da capire per quali inconfutabili meriti il vivo Giorgio De Nova, che poteva tranquillamente essere rimandato di un anno benchè professore, abbia così morattianamente soppiantato il morto Gianmario Roveraro. Ebbene, dopo ampia ricerca, risulta di evidenza palmare la straordinaria competenza del suddetto nella fondamentale materia del "diritto dei trust". Da segnalare, tra le sue pubblicazioni: "Successioni mortis causa e mezzi alternativi di trasmissione della ricchezza" e "Successioni anomale legittime". Di altrettanta evidenza è l'importanza dell'opera del Nostro per il benessere e la tranquillità dei cittadini milanesi, preoccupati vieppiù dalle difficoltà economiche connesse alla trasmissione ereditaria dei grandi patrimoni. Egli stesso suggerisce alla sua associazione, «Il Trust in Italia», il lapidario motto con il quale essere celebrato a futura memoria: "Sì ai trust interni con valore aggiunto, no ai trust interni elusivi". Un Ambrogino "con valore aggiunto" quindi, di indiscutibile attribuzione. Di significato elusivo per la maggioranza sarebbe stato invece, appare evidente, il riconoscimento a Enzo Biagi: nella bilancia dei giornalisti, come abbiamo già visto, già pesavano colonne e pilastri del calibro di Crosti e Sciortino, rischiando di far tracimare il piatto. In nome dell'unanimità, dopo 11 ore di discussione, il nome di Biagi è stato sfilato dall'Ambrogino's List senza neppure il bisogno di un plateale Diktat bulgaro. Il centrosinistra aveva peraltro già presentato il suo nome nel 2007, subito dopo la morte, ma per evitare sfibranti confronti lo aveva fatto a termini scaduti. E la Moratti, già sfibrata dalla candidatura di De Nova ha ora chiosato: "Lasciamo che le divergenze di opinione si sedimentino: la memoria deve essere onorata anche con la pacificazione". Ricordando forse il buon esempio del fu "amministratore di condominio", il suo predecessore Gabriele Albertini, che ogni anno del suo mandato alternava l'omaggio ai partigiani sepolti al "Campo della Gloria" con la passeggiata al "Campo dieci" dei caduti della Repubblica sociale. Un centinaio di passi, in nome della pacificazione, per "sedimentare" una distanza che la storia si ostina a considerare incolmabile. I corifei e i coreuti di Fi e An hanno poi chiarito il loro innato senso di giustizia improvvisando dionisicamente: "Biagi ha già avuto tutto". In effetti sarebbe stata, come afferma lo stesso coro, un'onorificenza "superflua", considerato che lo stesso giornalista aveva già ritirato di persona (1979, sindaco Tognoli) l'ambita Medaglia d’oro. E sempre in vita aveva ricevuto, tra molto altro, il Premio Bancarella, il Saint Vincent, due lauree honoris causa e la cittadinanza onoraria di Fucecchio, il cui valore, al tasso attuale, è ben superiore all'Ambrogino lottizzato. Biagi, dall'Aldilà, sarà probilmente felice di essere accomunato, nella sorte di rito ambrosiano, alla grande Camilla Cederna, beneficiaria anch'ella di coloro che "per viltade" fecero "il gran rifiuto". Sono questi gli stessi che due mesi fa, il 24 settembre, intitolarono un giardino di Milano al rastrellatore fascista, il sergente maggiore Aldo Protti. Che dopo aver partecipato - nel luglio del 1944 sul Col del Lys - al massacro di 26 giovani partigiani che avevano disertato la chiamata alle armi nell'esercito repubblichino (a firma del Capo di Gabinetto Giorgio Almirante), si scoprì baritono partecipando alla trasmissione dell'Eiar "L'ora del soldato". La carriera di Protti cantante lirico è indubitabile. Come negargli quindi un'"ora d'aria" postuma in giardino. Il baritono rastrellatore era un ottimo interprete de "Il Rigoletto". Se avete un attimo di tempo fatevi un giro al Giardino Protti in viale Sondrio, all’angolo con via Timavo. Tendendo l'orecchio sentirete risuonare in lontananza l'illuminante motivo del secondo atto: "Cortigiani, vil razza dannata". A buoni intenditori poche parole: basta la musica.

       
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