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L'ex re del Circolo contro Paolo Mieli


Giuseppe Gallizzi (con un solidale Franco Abruzzo) si è "barricato" in quel Circolo della Stampa di cui è stato presidente per12 anni. E così il direttore del Corriere della Sera, Paolo Mieli, già nominato dall'Associazione Lombarda dei giornalisti, per ora rimane fuori dalla porta. Una vicenda surreale. Che potrebbe protrarsi fino al 13 dicembre.      Qualche sospetto è sicuramente venuto a chi ha letto il tempestivissimo e gioioso comunicato di Franco Abruzzo sul rinvio delle elezioni del secondo blocco di consiglieri del costituendo nuovo direttivo del Circolo della Stampa. Un rinvio, diciamo subito, che ha ulteriormente protratto la gestione (decennale) di Giuseppe Gallizzi come presidente (uscente) del Circolo almeno fino al 13 dicembre. Proroga che, ovviamente, confligge  – innanzitutto col buon senso – con l’avvio della “presidenza Mieli”. E sì, perchè, conviene ricordarlo, prima dell’estate il presidente della Lombarda, Giovanni Negri, con il consenso, va da sé, di tutto il direttivo, aveva convinto proprio il direttore del Corriere della Sera ad accettare l’incarico. Con un obiettivo dichiarato: il rilancio di un circolo che ha come primo punto ha in calendario la ricerca di una nuova sede. Ma  le buone intenzioni hanno dovuto fare i conti con la creativa tenacia di Gallizzi che non ha nessuna intenzione di mollare il  “suo” ufficio di corso Venezia  nonostante la “sua” presidenza sia scaduta a metà ottobre. Come è possibile? Semplice: facendo le barricate attorno a un codicillo, ossia all’elezione dei soci laici, che annoierebbe chiunque fuorché l’accoppiata Abruzzo-Gallizzi. Vediamo di spiegarla. Un primo blocco di nomine, diciamo così in quota giornalisti -  esattamente il presidente (Paolo Mieli, appunto), il vicepresidente, consiglieri, probiviri etc, - spetta al direttivo dell’associazione lombarda. Che ha provveduto all’inizio di quest’estate. C’è però un secondo blocco di nomine (un altro vice presidente e un altro bel pacchetto di consiglieri e probiviri) la cui nomina spetta ai soci del Circolo. Che sono, d'ufficio, tutti i giornalisti lombardi più 100 soci "laici" ossia privati che sono  iscritti pagando una quota. La discussione è se in questa seconda votazione ci devono essere attivamente e passivamente i giornalisti, cioè se possono presentare loro liste, cosa che in effetti è stata fatta, e se possono votare. Argomenta Gallizzi, e rilancia Abruzzo: i 6500 giornalisti lombardi (i dati sono di Abruzzo) già hanno i loro rappresentanti, Mieli e gli altri, eletti dal direttivo che li rappresenta. Ora deve essere eletta una rappresentanza poco meno numerosa che rappresenta 100 dicesi 100 (anche questi numeri sono di Abruzzo) soci. Evidente il carattere  surreale di questa tesi, cioè che 6500 e 100 debbano avere una rappresentanza non uguale ma abbastanza vicina, che è circa, rispettivamente, di 13 e 11 consiglieri, provibiri, etc, nel direttivo. Un autentico insulto all'intelligenza. Che però ha prodotto i suoi effetti. E già, come voleva Gallizzi e come teorizzava Abruzzo, il meccanismo è inceppato. Con Gallizzi italianamente è incollato alla cadrega sperando di mollarla il più tardi possibile. Magari  sperando che Paolo Mieli, il quale ha cose più serie di cui occuparsi, indispettito per queste ridicole manovre, si secchi e saluti tutti. Il che rimanderebbe ulteriormente l'ormai necessario rinnovamento dei vertici del Circolo, lasciando Gallizzi ancora in sella.
       
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