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Casagit, già suona l'orchestra elettorale


L’estate non è ancora finita e per di più il caldo picchia ancora, ma  quella accesa da Maurizio Andriolo sotto la poltrona del presidente Casagit, Andrea Leone (Nuova informazione, ossia la costola milanese di Autonomia e Solidarietà) è una polemica fredda che in realtà contro l'afa funziona poco. Il vecchio Andriolo - che di poltrone se ne intende e che sicuramente non le disdegna – attuale vicepresidente dell’Inpgi (per la seconda volta) e una simpatia storica per Stampa democratica che, tuttavia, non gli ha impedito di praticare l’arte del movimentismo, se c’erano da conquistare posizioni, spara cartucce rumorose come uno spot elettorale. In verità, senza sforzare troppo la fantasia, come metafora  tira fuori l’abusato e comunque  sfigato “Titanic” con la sua orchestra di masochisti. Insomma, tutto per dire, che i conti Casagit vanno piuttosto maluccio e che meglio sarebbe far rientrare la Cassa sotto l’ala protettiva di mamma Inpgi. E, inoltre – appunta -   che mentre si affonda, non è bello sentire parlare di organigrammi prossimi venturi.  Cosa che se di organigramma – ahinoi – non hai sentito ancora parlare, un po' ti incuriosisce.  Ma dura poco. Perchè in fondo hai un miliardo di cose più importanti da fare.  Però - azzardiamo - leggere la letterina del vecchio Andriolo è un buon esercizio per dimenticare l’estate. E per ricordarci che tra un anno si vota per rieleggere il vertice della Cassa. E così per non rischiare, fra qualche mese, di cadere dal pero forse conviene leggere Andriolo. E la risposta di Andrea Leone. Ecco la letterina di Andriolo: FINCHÉ L’ORCHESTRA SUONA……. E’ triste che il mito dell’orchestra del Titanic si riaffacci. Ancora più triste, demoralizzante, è che di una nostra importante istituzione, la Casagit, si discetti mentre pare stia affondando. Stupisce peraltro il silenzio ormai annoso dei consiglieri della cassa, il silenzio dei soliti criticoni. Ora è scoppiato il problema. Ma la nostra categoria ne discute (forse?) con soffocato disappunto come se la responsabilità fosse del caso.… “di circostanze sfavorevoli….!” Si cerca di dare una responsabilità al mancato contratto di lavoro, si tenta di turare la falla chiedendo “sacrifici”, ad una categoria che di sacrifici ne sta già facendo (come tutti gli altri cittadini). I dirigenti tacciono, i consiglieri neppure si accorgono delle responsabilità che stanno gravando sulle loro spalle. Tanto l’orchestra suona. E il buco si allarga: tre, sei, otto milioni di euro. Ma è proprio così?… E come è accaduto? In casi del genere, diverse sono le circostanze, molte le attenuanti. Non dimentichiamo però certi errori: l’acquisto di una sede costosa, allo “sprofondo” della città, elegante ma di gestione onerosa. Non era meglio essere inquilini dell’Inpgi? 1) Cercammo in pochissimi di rendere evidente la teoria dei risparmi. Invano! 2) Ci battemmo invano e in tutte le sedi, perché la Cassa rientrasse nell’Inpgi. E’ finita già da anni l’era facile della sanità sociale. 3) Fummo sbeffeggiati. Eppure ancora oggi, non è soltanto necessario, è inevitabile che la Cassa ritorni nell’alveo dell’Inpgi. Per la sua salvezza e anche per il potenziamento del nostro Istituto di Previdenza. Ci vuole altro che tagli e sacrifici per salvare la Cassa. Ma i colleghi devono sapere anche che, invece di approfondite discussioni sul futuro della Cassa, si parla se è meglio fare Presidente l’uno o l’altro dei “pochi” noti della nostra categoria. Degnissime persone certamente, ma i soliti animatori del mercatino degli incarichi. Finché l’orchestra suona…… Maurizio Andriolo Ed ecco la risposta di Leone: Lettera aperta a Maurizio Andriolo  Caro Maurizio, di “triste e demoralizzante”, a mio parere c’è che proprio da te, uomo di lunghissima esperienza all’interno degli organismi di categoria, venga una palese strumentalizzazione sulle vicende della Casagit. Si sa da tempo che tu sostieni la necessità di un accorpamento tra la Cassa e l’Inpgi, tema su cui ci siamo confrontati spesso. Ancora una volta non consideri il fatto che l’Istituto è un Ente obbligatorio, sostitutivo per legge dell’Inps, e non può dedicare risorse ad attività diverse da quella previdenziale. Certo, i neppure 100 milioni di bilancio della Cassa sono una briciola nei confronti delle cifre amministrate dall’Istituto di cui tu sei vicepresidente, ma sempre di pere e di mele si tratta. Metterle nella stessa cassetta non è utile e non è produttivo. Qui, te lo assicuro, nessuno balla. Su una cosa però hai ragione: non è con i sacrifici che si può risolvere il problema. Tant’è che sacrifici non ne abbiamo chiesti. Abbiamo invece chiesto a tutti un uso più responsabile delle risorse comuni. E per questo siamo stati accusati di voler togliere benefici alla categoria. Invece, senza scendere in pista, stiamo cercando di individuare una proposta compatibile con lo scenario della disastrata e costosa sanità di questo Paese che conservi le tutele che sinora hanno permesso ai giornalisti di affrontare con tranquillità almeno economica eventi di per sé dolorosi, difficili e destabilizzanti. Errori se ne fanno e certamente ne sono stati fatti anche in Casagit, seppure in buona fede. E’ però singolare e paradigmatico che l’unico da te citato non lo sia. Aver risparmiato un oneroso affitto ( nel 2000 413 milioni di lire, ovvero 213 mila euro) investendo 10 miliardi (meno di 5 milioni di euro) in una sede di 2.800 metri quadri, pagata quindi 3,5 milioni al metro quadro non mi sembra un cattivo affare. Sempre meglio dell’acquisto di palazzo Volpi. Tant’è che il mese dopo l’inaugurazione Casagit ricevette un’offerta superiore del 60% rispetto al costo. Potevamo vendere, ma avremmo dovuto pagare uno sproposito di tasse. In compenso le spese di esercizio, compreso l’ammortamento al costo storico dell’immobile, non raggiungono i 200 mila euro. Non siamo sul Titanic. Le riserve ci consentono di non fare passi affrettati e respingere i facili allarmismi.  E non balliamo. Tanto meno siamo silenti o inconsapevoli delle nostre responsabilità. I consiglieri tutti collaborano nello sforzo che stiamo facendo. A parlare per noi sono le azioni che abbiamo intrapreso e che intraprenderemo. Non ultima quella di rendere più trasparente e oggettivo il bilancio della Cassa, ripulendolo da impostazioni che seppure totalmente legittime non consentivano una attribuzione temporale certa delle voci di spesa. Siamo talmente poco orientati a discettare dei futuri assetti, che pure devono essere una preoccupazione, al punto che ci prepariamo a penalizzare il bilancio in virtù di questa trasparenza. Non vogliamo portarci dietro fardelli impropri, nascosti tra le pieghe dei conti. Parliamo e parleremo con i fatti. Al di là di qualunque comoda strategia preelettorale. Se qualcuno discute dei futuri amministratori, non siamo noi. Abbiamo già dato in passato precisi segnali di rinnovamento, e continueremo su questa linea. Anche se altri, mi pare, si comportano diversamente. Un caro saluto Andrea Leone      
       
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