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Bilancio 2010 e riforma dello statuto


SI è tenuta dal 24 al 27 maggio a Saint Vincent  l’assemblea dei delegati della Casagit. Due le sessioni: ordinaria e straordinaria. Sul piatto c'erano due questioni: per la parte ordinaria, la ratifica del bilancio 2010, chiuso con oltre 11 milioni di euro di avanzo. Per quella straordinaria, una "approfondita" riforma statutaria. Il bilancio: il margine positivo, davvero lusinghiero, non deve illuderci. Vi sono scontati gli effetti della revisione delle convenzioni e di una stretta sui controlli, sommati a una riduzione del numero dei ricoveri, calati del 20% rispetto allo scorso anno. Sono situazioni irripetibili, soprattutto per ciò che riguarda il rinnovo delle convenzioni. Per quanto riguarda il calo nel numero dei ricoveri, bisogna tenere presenti le condizioni economiche del Paese, e quindi della categoria dei giornalisti: se proprio devo fare un intervento, si saranno detti in molti, rinuncio all’assistenza privata e risparmio quella parte di costi che sarebbe comunque rimasta a mio carico. Mi pare che il lavoro fatto sinora dalla nuova dirigenza Casagit sia più che buono, anche in considerazione del fatto che, nonostante i pronunciamenti elettorali di due anni fa, non è stata minimamente cambiata la direzione di marcia. Ciò che avevamo varato con il vecchio Cda, in particolare il contributo relativo ai familiari a carico (“non si possono mettere le mani nelle tasche dei colleghi”, dicevano, ma loro stessi, una volta entrati in Consiglio si sono ben guardati dal toglierle) è rimasto così com'era, anche perché alternative non ve ne erano, e quei soldi hanno permesso al Cda di continuare il lavoro di revisione delle convenzioni e dei controlli con la necessaria tranquillità. La Cassa si è dotata di un numero più nutrito di consulenti medici, che intervengono con maggiore frequenza nell’esame delle pratiche, ribattendo ai medici che “ci marciano” con maggiore autorevolezza rispetto a quella che potevano avere gli impiegati, seppur esperti, della Casagit. Il poliambulatorio di Roma, seppure riservato ai soci, è stato terziarizzato, con un notevole recupero sui costi. Sul fronte delle entrate, resta la prospettiva ineluttabile di un calo dei contributi "forti", quelli versati dai soci contrattualizzati, la cui percentuale è scesa per la prima volta sotto il 60%. E' proprio questa mutazione del profilo dei soci che entro pochi anni, se non si interviene drasticamente, riporterà la curva delle prestazioni ad avvicinarsi pericolosamente a quella dei contributi. Se  non si vuole intervenire tagliando le prestazioni bisognerà allargare la platea dei soci,  offrendo alle uniche new entry possibili, i free lance, una soluzione per loro allettante e soprattutto compatibile con le loro esigenze e i loro redditi. Riforma statutaria: l'aver affrontato lo statuto in toto, riscrivendolo in gran parte, ha permesso di correggere alcune contraddizioni. Il tutto alla luce di una semplificazione che ha rischiato di naufragare scivolando su una serie di proposte della Consulta romana, guidata dalla destra e da Punto e a Capo. Per fortuna si tratta di un'opposizione debole, che ha però scelto una strategia di lungo periodo. Nel mirino il rapporto tra Fnsi e Casagit. Infatti Roma ha proposto piccoli emendamenti anche solo lessicali (Casagit non "emanazione" della Fnsi ma "nata per volonta') e voleva negare il diritto di voto in Cda al rappresentante del Sindacato. Su questo batteranno i nemici del sindacato, lasciando i problemi di gestione in secondo piano. Due cose non  mi sono piaciute: il fatto che l'assemblea dei delegati sia presieduta dal vertice del Cda (presidente e i due vice) invece che da "terzi". La proposta è stata giustificata come una omologazione agli altri istituti di categoria e non, ma continua a sembrarmi una forzatura, soprattutto in caso di scontro tra assemblea e Cda. La seconda, più consistente, è la possibilità di investimento del capitale Casagit in social housing. Espressamente citato nell'illustrazione delle modifiche, nella versione approvata è passato come possiblità di accedere a "organismi di investimento collettivi del risparmio immobiliari". Visto che non è stato cancellato dallo Statuto il principio secondo cui la Casagit può possedere immobili solo se funzionali allo svolgimento della sua attività, non capisco perchè aprire ai fondi immobiliari. Mi pare si tratti di un'apertura a un rischio cui non corrisponde una speranza di remunerazione del capitale più alta di quella prevedibile da titoli cosiddetti garantiti, ammesso che ne esistano. A una domanda diretta, il Presidente Cerrato mi ha risposto che non investirà mai in social housing. Perché allora metterlo nello statuto, visto che ineluttabilmente il Tesoro si prepara a dirottare tutti i soldi che troverà per questo scopo? Resta un mistero. Andrea Leone  
       
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