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Aprite i cassetti del dossier Cottarelli
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E' partita la campagna per ottenere trasparenza sui 25 documenti "misteriosi" del Dossier Cottarelli. A questa battaglia del FOIA aderisce anche Nuova Informazione, che sollecita i colleghi giornalisti a fare altrettanto. Ecco come e perchè. di Raffaele Fiengo Da cinque o sei anni mi sono reso conto che l’accesso agli atti pubblici, il diritto di conoscere da parte della comunità, non è meno importante di una informazione libera, indipendente. Il Freedom of Information Act è lo strumento giuridico che assicura la trasparenza e l’accesso agli atti amministrativi (tutti, esclusi ovviamenti quelli che riguardano la sicurezza del Paese e gli aspetti personali, della salute, per capirci). C’è in 90 paesi, non solo occidentali. Ma in Italia no. Dall'università di Padova, per anni, ho lavorato con diversi studenti a ricerche per avviare una campagna di conoscenza attorno al Freedom of Information Act. Studiosi della scuola superiore della pubblica amministrazione avevano eseguito molte ricerche. Invano. Con Pino Rea e Lsdi, con Vittorio Roidi e"Giornalismo e Democrazia", con Beppe Giulietti e Articolo 21 e con ottanta tra giornalisti, giuspubblicisti e professori ha preso corpo l'Iniziativa per introdurre il FOIA in Italia; il suo sito è www.foia.it. Ho pure incontrato Laura Boldrini che ha condiviso l’obiettivo. Ora la campagna entra in una fase operative, con una proposta di Andrea Fama che sta per assumere la presidenza dell’”Iniziativa”. Chiediamo formalmente in molti, associazioni e singoli giornalisti, a palazzo Chigi l'accesso ai documenti finora segreti che Cottarelli ha preparato per la “spending review”, per abbattere gli sprechi e trovare le risorse di cui il Paese ha urgente bisogno. Lo chiderà anche “Nuova informazione”. Si tratta di un atto formale per "obbligare" il governo Renzi a rendere pubblici i 25 documenti finora non conosciuti. Le richieste, redatte su modelli diversi per i singoli giornalisti e per le associazioni, vanno stampate, compilate e quindi spedite alla Presidenza del Consiglio via fax oppure per raccomandata RR. Più numerose saranno le "richieste di accesso" piu difficile sarà rispondere con un rifiuto. A chi voglia saperne di più, sul cammino del FOIA, segnalo un mio breve saggio ("La lunga strada da Padova per l'introduzione in Italia di un Freedom of Information Act") pubblicato nel volume collettaneo “Da Venezia al mondo intero”, Marsilio editore,che verrà presentato venerdi' 19 dicembre alle 11, nella sala delle Edicole, all'università di Padova. Non soltanto il giornalismo ha bisogno del FOIA. Ne ha bisogno tutta l'Italia: ogni livello di governo, locale territoriale nazionale, se lontano dalla conoscenza dei suoi cittadini, favorisce solo il malaffare e il declino. LA LETTERA di Andrea Fama - Apriamo i cassetti: Chiediamo alla Presidenza del Consiglio di rendere pubblico il “dossier Cottarelli”
Tasse e tagli alla spesa sono temi cronicamente all’ordine del giorno. Il Commissario straordinario alla spending review, Carlo Cottarelli, si è dimesso ormai da mesi, non senza polemiche. E da mesi si attendono i documenti, 25 per l’esattezza, che il suo gruppo di lavoro ha elaborato durante questo controverso anno di attività. Documenti prima annunciati come salvifici, ora declassati a semplici slide – tuttavia gelosamente riposti in qualche cassetto di Palazzo Chigi. Non conoscibili. Inaccessibili.
Si tratta di un tema di interesse nazionale, ma che ci tocca individualmente tutti, quotidianamente, sotto forma dei disservizi nei quali ci imbattiamo (che un’attenta spending review contribuirebbe a ripianare), piuttosto che al momento di pagare le tasse (che diminuirebbero se non dovessero coprire gli sprechi e i disservizi). La Iniziativa per l’adozione di un Freedom of Information Act in Italia (www.foia.it) ha inoltrato alla Presidenza del Consiglio una formale richiesta di accesso al dossier Cottarelli. In calce trovate i modelli utilizzati, già compilati in ogni loro parte: uno per le associazioni; uno per i giornalisti, in virtù del diritto di cronaca (già minacciato da una recente decisione del Consiglio di Stato). L’invito è a scaricare e inoltrare quante più richieste possibile alla Presidenza del Consiglio. E coinvolgere altri a fare altrettanto. Oggi la legge italiana non riconosce ai semplici cittadini il diritto di accedere a tali documenti, sebbene di interesse comune; al contrario lo limita fortemente. Una richiesta massiva, da parte di soggetti maggiormente legittimati quali giornalisti, organi di informazione o associazioni, aumenta le possibilità di vedere riconosciuto quello che dovrebbe invece essere un diritto acquisito da ciascuno, a prescindere dalla professione svolta: conoscere in che modo le istituzioni operano per suo conto e a sue spese. Se anche in Italia, come in decine di Paesi del mondo, vigesse una legge come il Freedom of Information Act (FOIA), questo diritto sarebbe sancito, concorrendo alla creazione di una Pubblica amministrazione più trasparente efficiente e partecipativa, ponendo il rapporto tra quest’ultima e i cittadini su di un piano di parità, e affrancando l’Italia dallo status di Paese diversamente democratico in cui versa anche a causa di ritardi normativo-culturali come quello relativo a una adeguata legge che sancisca in modo inequivocabile e netto il diritto di chiunque ad accedere ai documenti della PA, anche ai fini di controllarne l’operato. C’è da augurarsi che i limiti posti dalla normativa vigente siano colmati dalla volontà, e dalla coerenza, della Presidenza del Consiglio, che ostenta proprio la trasparenza e un rinnovato rapporto tra Istituzioni e cittadini tra i pilastri del proprio mandato. D’altronde, il Premier Renzi ha già promesso in più occasioni che avrebbe prioritariamente varato una legge come il FOIA: dalla campagna elettorale per le primarie del PD, fino al discorso di insediamento a Palazzo Chigi, passando per diversi dibattiti pubblici. Intanto però l’Italia sprofonda, anche nelle classifiche e negli indici internazionali su trasparenza e corruzione. Andrea Fama @fama_andrea