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Analisi corale e critica (mooolto critica) del Jobs Act
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Il dibattito seguito all'analisi di Fezzi sul Jobs Act è stato immediato, e ricco di spunti interessanti per tutti. Oltre che rappresentativo di posizioni diverse e talora inconciliabili. Siamo solo agli inizi, la discussione prosegue e avremo modo di parlarne ancora a lungo. Tuttavia nulla come un florilegio delle primissime reazioni dà il polso di quanto sia ricco, oltre che diciamo eufemisticamente "variegato", il confronto in Nuova Informazione. IL LANCIO DEL CONTRIBUTO nel newsgroup: Grazie al mitico Mario Fezzi ecco un'illuminante riflessione sul jobs act con alcuni esempi che finalmente fanno capire l'applicazione o meno di alcune norme. Ancora auguri che non bastano mai; magari li devolviamo ai poveri cristi in balia del traghetto in fiamme... Marina (28 dicembre. Ore 14.37) ..... Mi sono perso qualcosa... Ma Renzi non era il tuo astro, Marina? (28 dicembre. Ore 14.44) ...... Sono laica fino al midollo, Franco. Non ho astri né dei. Continuo a ritenere che Renzi sia una grande chance e che stia agendo nella direzione giusta. Ma se non condivido qualcosa non sto a negarlo per "fedeltà alla linea". E quando qualcuno, come Mario, che stimo molto, mi convince su qualcosa lo ammetto. Di più: mica sono sempre d'accordo con le cose che mandate da pubblicare sul sito! Ma non interferisco. Proprio la pluralità è il bello di Nuova Informazione. Anzi giacché peggioro la mia situazione ai tuoi occhi: capisco che per realismo sia inopportuno applicare il jobs act al pubblico impiego, ma, per me, prima o poi bisognerà arrivarci. Baci augurali... Marina (28 dicembre. Ore 15.28) ...... Non covavo particolari speranze sulla bontà del Jobs Act, di primo acchito mi sembrava sterile e non tutelante…ora leggo l’analisi di Mario Fezzi, grazie Mario fezzi…e mi viene da incazzarmi: ma perché le cose vanno al contrario in questa Italietta? Come si possono trattare così i lavoratori? E come può un Paese in crisi risollevarsi socioeconomicamente senza dare ai contribuenti la possibilità di farlo? Auguro a tutti i colleghi un 2015 ricco di soddisfazioni e mando un abbraccio solidale ai poveri cristi in balia del traghetto in fiamme. Marmart (28 dicembre. Ore 14.46) ...... Grazie Mario, lucido ed efficace. Fra l’altro vi segnalo che c’è una ulteriore stortura nel testo, quando non prevede l’accesso al ricollocamento per chi ha concluso l’accordo sul proprio licenziamento oppure se ha conciliato, mentre lo prevede per chi ricorre al giudice. Io non so quali saranno gli effetti sull’occupazione di questi provvedimenti. Mi ripropongo di lavorarci nelle prossime settimane. Mi ha colpito la frase di un amico che è un imprenditore e certamente molto di sinistra anche se non “renziano”, che ha detto “Io potrò assumere, senza la preoccupazione che se le cose non vanno non potrò licenziare”. In questa dichiarazione ci vedo il bicchiere mezzo pieno perché lui, è uomo capace e responsabile. Mi chiedo però, per dirla con l’autore de Il Barbiere di Stalin, critica del lavoro (ir)responsabile, se l’abolizione dell’articolo 18 non sia piuttosto il bicchiere mezzo vuoto. Orioli ieri sul Sole scriveva che era ora che l’italia si assumesse la responsabilità del proprio welfare, ma, mi chiedo, un lavoratore viene licenziato, lo stato come in Germania se ne accolla il ricollocamento (se c’è lavoro), la Cig non esiste più, se la pagavano i lavoratori e le imprese. Insomma lo Stato non ci metteva niente (o quasi, giusto?). Ora con il jobs act che succederà? Lo Stato si accolla la crisi delle imprese? Avete in mente i nostri “padroni”?, quali e quanti capaci di produrre ricchezza per tutti? Insomma come fare per far crescere anche sotto il profilo legislativo la responsabilità sociale di un’impresa. Mentre scrivo segnalo che 131 passeggeri del traghetto sono stati tratti in salvo. Vera (28 dicembre, ore 15.47) ...... Ma dove è scritto che un imprenditore cui vanno male le cose non puó licenziare? Franco (28 dicembre, ore 16.07) ...... Grazie Mario! Ho una seratina sul tema domani a casa mia attorno a un panettone di un Natale e farò bella figura con le tue pronte e attente considerazioni. Resti un mito, almeno per me... Giorgio ...... In generale mi sembra di aver capito che si tratta di un contratto a precarietà permanente. Quanto questo tipo di sistema renda più felici gli attuali lavoratori precari, vorrei che qualcuno me lo spiegasse, dico davvero. Continuo a non capire poi come un sistema come questo, che smantella di fatto una serie di tutele tra l'altro quelle dell'articolo 18, possa convivere con il vecchio sistema. Detto prosaicamente sono felice per il mio deretano ancora provvisoriamente garantito, ma con che faccia uno assunto mettiamo domani dovrebbe avere meno diritti di me? Paola (28 dicembre; 18.46) ...... Scusate, mi ero dimenticata una cosa: questa faccenda del licenziamento collettivo introdotto così a sorpresa, non è allucinante? A me sembra che la direzione di Renzi sia tra le altre cose eliminare qualunque intermediazione, dei giudici e anche del sindacato, nel rapporto tra datore di lavoro e azienda. Una rivoluzione di cui mi sfugge la modernità. Ma ammetto di essere affezionata a vecchi schemi. Paola (28 dicembre. Ore 18.51 ...... Il Job Act (per via della pazienza di quel coglione di Giobbe) è solo un tassello del programma P2-confindustriale che ha già ridotto le Province e il Senato a strumenti dell'esecutivo e che si concluderà con una legge elettorale tanto anticostituzionale quanto l'attuale (tra l'altro, fare una legge che entrerà in vigore solo a data procrastrinata mi sembra un altro mostro legislativo). La ripresina che probabilmente ci attende (cadendo dal decimo piano anche un mattone rimbalza un po' ) sopirà le proteste e metterà il sigillo alla società che qualcuno prevedeva per il 1984. Abbiamo guadagnato 30 anni, cuntent? Nelle sere d'inverno potremo sempre raccontare ai nipotini (tenendo basso il riscaldamento, per carità, e magari anche il tono della voce) di quando credevamo che il sole fosse quello dell'avvenir. Buon anno a tutti. Franco (28 dicembre. Ore 19.03) ...... Esattamente. Rileggere oggi il "piano per la rinascita democratica" della P2 di Gelli fa impressione, e dice tante cose su quanto sta succedendo e sul contenuto dei vari "patti", da Arcore al Nazareno....per il resto, concordo con molte delle cose dette da paola,Franco, Giuliano. La modernita' e l'uscita dalla crisi abitano proprio da un'altra parte. L'obiettivo di Sacconi e Ichino, ma anche di Berlusconi e' stato raggiunto da Renzi, che come dice Paola ha la chiara intenzione di cancellare ogni intermediazione tra lavoratore, cittadino e governo. Per quanto si possa concordare sulla necessita' di un cambiamento anche profondo del sindacato, l'obiettivo di questo governo pero' e' quello di cancellarlo tout court. Qui si torna all'Ottocento, con un drastico colpo di spugna sui diritti acquisiti in decenni di lotte. E tutto questo nel nome del maggiore partito di sinistra....bisogna proprio meditarci su. Cristina (28 dicembre. Ore 19.33) ...... Tra l'altro forse mi è sfuggita e capisco il complicato momento contrattuale, ma qual è la voce della FNSI sul jobs act? Paola (28 dicembre. Ore 19.51) ...... FNSI chi? Davide (28 dicembre. Ore 19.57) ...... Difficile credere che al padronato, qualunque padronato, queste limitazioni e discrezionalità possano essere veramente utili per nuovi investimenti e politiche di sviluppo. Possono piacere, ma servono alla crescita? A me pare che l'utilità, se così la vogliamo chiamare, sia nel limitare ulteriormente la capacità del sindacato di avere potere contrattuale. Tutti i tentativi di erosione della democrazia in Italia sono passati da un attacco al sindacato, negli anni '60 e '70 con le bombe e lo spionaggio contro le lotte dei lavoratori, nei primi '80 con il craxismo e le marce antisindacali, nei '90 con i tentativi berlusconiani di delegittimazione... Nell'attuale sfaldamento della sinistra il sindacato appare una delle poche (l'unica?) forza organizzata in grado di esprimere una dialettica. Finché dura. Viene da pensar male. Grazie Mario per le spiegazioni puntuali. Di oggi e di domani. PieroSc (28 dicembre. Ore 20.02) ...... Giusto per restare in tema di lavoro e informazione: e il Pd che licenzia la redazione di Europa e ne affida la fattura all'ufficio stampa del Pd? Quindi, diciamo, ad un service interno. Paola (28 dicembre. Ore 22.40) ...... Non ti è sfuggito niente, la posizione della FNSI non c'è, come in sostanza non c'è oggi la FNSI. Il "complicato momento contrattuale", per usare il tuo eufemismo, ha polverizzato il gruppo dirigente, e oggi abbiamo solo un segretario è un presidente che si muovono nel vuoto. Basta leggere il comunicato scritto da Siddi in totale solitudine sullo sciopero generale. (28 dicembre. Ore 24) ...... Quelle che vediamo oggi, ieri e domani compresi, sono le politiche del lavoro, del diritto e della rappresentanza del governo Renzi. I corpi intermedi vengono spazzati via, Senato e Province divengono organismi di nomina, la contrattazione si smantella, i Sindacati si contengono in uno spogliamento delle funzioni contrattuali e di rappresentanza, lo Statuto dei lavoratori viene picconato. Qualche settimana fa hanno avuto la sfrontatezza di dirlo, Renzi, Alfano, Sacconi e compagnia: "abbiamo finalmente cancellato l'articolo 18". Poi arrivava lo sciopero generale, quindi si è tornati a dire che si abbattevano barriere e si favoriva l'occupazione. Anche oggi non c'è nulla di definitivo, forse, siamo allo schema di decreto legislativo, ma i primi segnali già evidenti all'esordio del Presidentesegretario Renzi vengono confermati. A partire dalle direttive europee e dai principi costituzionali si sta costruendo una legislazione del lavoro che li nega. Se il principio afferma la prevalenza del rapporto di lavoro a tempo indeterminato e la necessità di un valido motivo per la sua risoluzione la normativa che viene oggi introdotta sancisce la sostanziale libertà per l'imprenditore di risolverlo unilateralmente senza alcuna vera motivazione. Nel mondo che conosciamo, fino a ieri, era possibile licenziare un lavoratore, e lo sappiamo. Hai usato le chiavi non per entrare in ufficio per il turno di notte, ma per svuotare la cassaforte. Giusta causa. Non facciamo più i notiziari, solo televendite, e siccome sei un giornalista, l'unico alle nostre dipendenze, non abbiamo un altro posto da darti. Giustificato motivo oggettivo. Ti sei messo a lavorare per la concorrenza, violando gli obblighi contrattuali di esclusiva. Motivazione disciplinare, prevista dal contratto. È la decima volta che scrivi il falso per danneggiare tuo cognato. Motivo professionale, previsto dal contratto, su indicazione del direttore. Da quando abbiamo chiuso il quotidiano di ippica, due anni fa, non siamo riusciti a ricollocarti nel mensile di uncinetto, e neanche a richiamarti dalla cassa integrazione. Previsione contrattuale e di legge. Come curatore fallimentare non sono riuscito a rianimare l'azienda, a venderla, a riconvertirla, e quindi... E quindi quale è il punto? Il punto è che la nuova disciplina mette insieme le parole e ne fa una incredibile insalata. Invece di dire cosa succede nel caso di licenziamento discriminatorio, licenziamento ingiustificato, licenziamento nullo o licenziamento inefficace ci dice cosa succede in caso di licenziamento discriminatorio, e poi passa alle causali. Se la causale è economica, o per giusta causa, o per giustificato motivo oggettivo, o disciplinare, o per piripizzisfrazzi il giudice deve comunque dichiarare cessato il rapporto di lavoro, e poi se ritiene che in fondo le cose non erano come descritte dal datore di lavoro applica un tariffario. Certo, se il giustificato motivo oggettivo o la giusta causa sono riferiti a fatti non veri c'è ancora la possibilità di un reintegro, ma in sostanza le cose andranno in altro modo. Io ti licenzio perché sei un rompicoglioni sindacalizzato. Ah no, sarebbe discriminatorio. Allora ti licenzio perché il tuo posto di lavoro non esiste più. Ah no, visto che assumo mio cugino per sostituirti sembra finto. Allora ti licenzio perché hai rubato l'auto aziendale. Ah già, è vero, la sto usando io. Allora ti licenzio perché non indossi le scarpe di sicurezza. È disciplinare. Lo so che non te le ho date, ma lo dice la normativa sulla sicurezza sul luogo di lavoro. Lo so che il contratto non lo prevede, appunto per questo ti posso licenziare. Vai dal giudice, al massimo mi costi qualche mensilità, netta, senza contributi. Benvenuto nell'aspi. Guido (29 dicembre. Ore 1.05) ...... Grazie come sempre, Mario, del tuo contributo, preciso e soprattutto puntuale, quasi immediato. Le tue note confermano l'impressione di molti di noi che il jobs act, con relativa legge delega, sia una discreta porcheria diretta contro e a favore di una parte ben precisa. Non amo le dietrologie stile Loggia P2, se non altro perché non c'è bisogno di Gelli per desiderare di bastonare i sindacati e aver mano libera nei licenziamenti (è più o meno l'obiettivo di tutti i padroni, e per questo valga la testimonianza dell'imprenditore "democratico" amico di Vera), ma è chiaro che provvedimenti di questo tipo ben difficilmente possono fornire, anche sul medio-lungo periodo, tutele di qualsiasi tipo a chiunque. Tanto meno crescenti. E quindi risulta difficile credere alla "buona fede" di Renzi, Poletti e soci nel dire che forse, in effetti c'è qualcuno che ci perde qualcosa nella vicenda, ma quanti ce ne sono (di precari, di giovani, di futuri occupati) che ci guadagneranno. Perché alla fine, dato anche per acquisito che il mercato del lavoro deve cambiare con il cambiare della società (ovviamente in peggio, sul piano di diritti e tutele) cosa davvero ci assicura che tutta questa manovra porterà assunzioni, investimenti, apertura di imprese, nuova occupazione? Non lo dico neanche da giornalista o militante di sinistra, o facente parte di un gruppo sindacale. Me lo chiedo da genitore di due figli sulla ventina d'anni. Noi tutti veniamo da decenni di sostegni pubblici diretti e indiretti alle aziende, dalla Fiat negli anni 50-60 in avanti, molti dei quali, mi verrebbe da dire la maggior parte, si sono tradotti in pura copertura di buchi di bilancio precedenti (quindi senza alcuna nuova assunzione), o, nei casi di aziende messe meglio, in pura accumulazione di capitale derivante da risparmi per chi ne ha beneficiato. Capitale spesso poi dissennatamente rinvestito nei mercati azionari o in acquisizioni altrettanto dissennate e terminate con altrettanti buchi da ricoprire con lo stato di crisi successivo. E così via, fino alla sparizione dell'azienda. Vedi Rizzoli, per restare nel nostro campo, ma gli esempi sono tanti. E tralascio le esternalizzazioni, anche fuori Italia. Comunque buon 2015 a tutti, e buon congresso della Fnsi, visto che la situazione è quella fantasmatica descritta da Guido. E il nostro settore non accenna a vedere segnali positivi, né di vendite, né di danari. Gabriele (29 dicembre. Ore 14.54) ....... Condivido critiche e perplessità su questa nuova riforma del lavoro e sui decreti attuativi che dovrebbero renderla operativa. Non voglio farla troppo lunga, ma mi sento di ricordare brevemente che i primi colpi ai diritti dei lavoratori sono stati inferti proprio da chi aveva il dovere, semmai, di difendere questi diritti. Cioè noi. Nel 1997, governo Prodi, Tiziano Treu ministro del Lavoro, nacque il cosiddetto Pacchetto Treu, titolo: Norme in materia di promozione dell'occupazione, grazie al quale entrarono nella normativa il lavoro interinale (prima espressamente vietato) e altre forme di lavoro atipico (co.co.co). Poi sono venuti gli altri e hanno trasformato quel sentiero in un'autostrada. La legge Biagi del 2003 (ministro del lavoro Maroni, governo Berlusconi), basata sul Libro bianco sul mercato del lavoro in Italia, redatto tra gli altri da Maurizio Sacconi e Carlo Dell'Aringa, creò formalmente la categoria dei lavoratori di serie B (co.co.pro senza diritti di ferie, tredicesima, Tfr, permessi, malattia, maternità, licenziabili in qualsiasi momento con contributi pensionistici nella gestione separata Inps con valore inferiore a quello dei dipendenti a tempo indeterminato). Dal maggio 2006 al maggio 2008 avevamo avuto il secondo governo Prodi con Cesare Damiano ministro del Lavoro. Mi dispiace moltissimo dirlo, ma non ha lasciato traccia di alcun tentativo d'invertire la tendenza erosiva dei diritti dei lavoratori. Infine la legge Fornero (2012, governo Monti) con il primo depotenziamento dell'art. 18, qualche paletto sull'abuso di partite Iva e co.co.pro (facilmente aggirabile e aggirato dalle aziende), un discutibile nuovo sistema di ammortizzatori sociali. Oggi dobbiamo fare i conti col Jobs Act renziano. E paradossalmente (visto che abbiamo un governo sedicente di centrosinistra) non possiamo essere troppo schizzinosi. Siamo molto preoccupati. Ma dobbiamo anche farci un esame di coscienza, il sindacato soprattutto, ma anche noi che non ci siamo resi conto della barbarie che stava annullando anni di battaglie e di conquiste e che stava privando di prospettive i nostri giovani. Piangere sul latte versato può servire a qualcosa se diventiamo consapevoli che gli scenari sono cambiati e cerchiamo di contenere i danni. Oggi il muro contro muro di certi esponenti della minoranza Pd mi sembra perfino un po' patetico. Ma quand'eravamo maggioranza, dov'erano? Non so se questa ennesima riforma del lavoro creerà occupazione. Sarebbe già un risultato se migliorasse un po' la condizione di tanti lavoratori precari. Scusate lo sfogo. Valentina (29 dicembre. Ore 16.24) ....... Colpiscono, nei commenti di Fezzi e anche di Guido, elementi di chiarezza che si fatica a trovare sui giornali e in TV... magari qualche probabilità in più c’è scandagliando la rete. Uno stimolo anche per ricostruire la Lombarda e l’unità (vera) sindacale. Perché mi pare che di unità sindacale ci sarebbe bisogno… o sbaglio? Comunque mi si conferma l’idea che il polverone sull’articolo 18 (peraltro un fantasma per la maggior parte dei lavoratori italiani, attivi in contesti ove non si applica) serva a nascondere il problema vero. In Italia è difficilissimo fare impresa, dato che oltre la metà di quello che si incassa va via in tasse e contributi (l’ultima cifra che ho letto è il 64% !!!). Questo significa che se i soldi non rientrano per altre vie (ad esempio gli ammortizzatori sociali, o favori dal potere pubblico di varia natura legale e illegale, morale e immorale, o l’evasione pura e semplice) chi fa impresa in Italia è un folle visionario fuori mercato di default. Poter licenziare una testa di cavolo senza ritrovarsela di nuovo fra i coglioni per iniziativa del giudice (cito l’amico di Vera, traducendolo) gli potrà dare un minimo di sollievo, ma di certo non risolverà il problema di fondo, che per l’impresa italiana non è la “libertà di licenziare” ma la “libertà di creare lavoro”. Imprenditori strangolati (salvo i grandi beniamini che comandano i giochi) e lavoratori senza diritti “come nell’Ottocento”. Ma a chi serve? Saverio (30 dicembre. Ore 2.22) ...... Non credo si possa imputare il professor Umberto Romagnoli di radicalismo di sinistra, sicché la sua intervista al Fatto, vertente sul Jobs Act (solo renzi sa perché non si chiami Legge sull'impiego) mi sembra più che illuminante. La chiave di volta, il vero scopo di questa norma invereconda, si trova secondo me là dove Romagnoli afferma: "Questa riforma aumenta le divisioni tra i lavoratori". Già abbiamo visto, grazie a Grillo ma non solo a lui, i disoccupati e i precari lanciarsi contro i pensionati e gli occupati, e questo è un nuovo atto per fomentare la guerra tra poveri mentre altri stanno sulla collina (stava per sfuggirmi sul Colle) a guardare lo spettacolo sorbendo il tè. Franco (30 dicembre. Ore 10.39) http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/12/29/jobs-act-licenziamenti-collettivi-giuslavorista-incostituzionale-discriminatorio/1302561/ ...... Sì, partiamo dalla Lombarda per costruire un'autentica unità sindacale! CriChi (30 dicembre. Ore 13.58) ...... Il jobs act (non lo si può citare in italiano? “riforma del lavoro” va bene?) è l’attualità. Ma la discussione ha chiamato in causa il valore complessivo dell’operato di Matteo Renzi. Non l’ho votato alle primarie del Pd, consapevole che il mio voto (a Cuperlo) non avrebbe di certo messo in discussione il successo previsto del sindaco di Firenze. Volevo in qualche modo esprimere un’indicazione. Volevo in qualche modo ricordare a Renzi quanto fosse complesso un partito democratico (non una emanazione aziendale) e quanto fosse complicato dirigerlo. Volevo anche ricordare a tutti il valore dell’unità. Sperando tuttavia in Renzi e nella carica (agonistica, mi verrebbe da dire) di innovazione che, a parole, sapeva esprimere. Sperando in una rottura di schemi, di tempi, di riti, come un’emergenza politica ed economica chiedeva e come, probabilmente permetteva. Insomma ho creduto in Renzi. La mia fiducia è cominciata a cedere alla presentazione del governo, un accolita di mediocri signorsì con qualche eccezione. E’ venuta ancora meno di fronte ad una riforma del Senato incerta, approssimativa, compromissoria (quando si doveva eliminare il Senato, punto e basta). E’ venuta di nuovo meno, quando si decise la soppressione delle province, che avrei mantenuto nel disegno di riassetto che aveva presentato Monti, ridimensionando invece le Regioni, ormai elefanti della burocrazia, centri di corruzione (vedi il caso Lombardia), fonte inesauribile di sprechi dei soldi pubblici (lasciando alle Regioni compiti di indirizzo politico punto e basta). Con la riforma del lavoro (e prima ancora con la viscerale polemica antisindacale di Renzi, sostenuta da grottesche battute via internet) la fiducia si è avvicinata allo zero. Le ragioni di critica in materia di lavoro sono state con chiarezza espresse: è un’altra volta una riforma ambigua e un’altra volta nella storia della repubblica ad avere la peggio sono i lavoratori. Mi sembra per giunta che la questione fondamentale sia un’altra: se le cose nell’economia non vanno, non è colpa del costo del lavoro e neppure della presunta inespugnabilità del posto di lavoro (abbiamo fatto il conto dei licenziamenti negli ultimi cinque/ dieci anni, licenziamenti motivati nei modi più diversi?), ma di altro, ad esempio della lentezza della giustizia civile (come persino il Corriere di via Solferino un paio di giorni fa ci ricordava: mille e più giorni per risolvere un conflitto commerciale), della criminalità, della carenza delle infrastrutture, di burocrazie che intralciano piuttosto che favorire, di una fiscalità che punisce gli onesti ed esalta gli evasori, eccetera eccetera. La mia residua fiducia per Renzi è legata alla sua capacità di metter mano con rigore a qualcuno di questi capitoli. Ma riformare il lavoro senza creare le condizioni indispensabili per rilanciare gli investimenti (anche stranieri) mi sembra poco utile e riformare il lavoro guerreggiando così clamorosamente contro i sindacati (che mi pare abbiano ritrovato unità) mi sembra una follia, sindacati – bisognerebbe ricordare – che hanno assecondato anche le più aspre politiche dei redditi, sindacati che hanno dimostrato mille volte una loro vocazione riformista e che mai si potrebbero accusare di massimalismo. Oreste (30 dicembre. Ore 17.12) ...... Ho letto in tanti interventi un prevalente florilegio di nostalgìe, di amarcord, di rimpianti, di angosciate memorie (tipo mais où sont les neiges d'antan?), di rancorose incazzature nei confronti d'un Renzi che certamente non è un padreterno ma si cimenta o per lo meno si arrabatta per inseguire mutamenti reali di assetti divenuti col tempo insostenibili. Difficilmente (salvo pochi casi, per quei pochi citerò Paffumi che per l'impresa parla sacrosantemente dell'odierna inesistente libertà di creare lavoro quale antitesi a quella di licenziare) sbuca un tentativo di proporre idee e riflessioni in positivo che prefigurino assetti nuovi, possibili e non onirici. E al di là delle geremiadi leggo solo litanìe sulla salvifica ipotesi di una grande imposta patrimoniale (come se non ce ne fossero già, in Italia, pur se occultate sott'altro nome) e sulla necessità di investimenti comunque: ciò che temo risponda al radicato affetto tipico di tanta sinistra politica per la produzione, nella diffusa sottovalutazione del pur elementare fatto che occorrano acquirenti consumatori, si tratti di automobili come di strumenti d'informazione. Mah !…. Vipì (30 dicembre. Ore 20.18)