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Tutti i giornalismi nel contratto. O lo faranno altri


scritta-su-ciotolodi Guido Besana  La trattativa per il rinnovo del contratto Fnsi Fieg cade in un momento di enorme sofferenza del settore editoriale in cui il lavoro giornalistico, dipendente e no, sta pagando prezzi altissimi. Al 31 dicembre 2015 i lavoratori dipendenti con contribuzione Inpgi erano 15.461, solo pochi anni fa erano arrivati a sfiorare il numero di 19.000. Quindici anni fa, poco dopo l'approvazione della legge '62 che modificava la legge sull'editoria in considerazione dello scenario di crisi, i posti di lavoro passavano da 11.500 a 12.500. newsL'Inpgi nel 2001 spese mezzo milione di euro per pagare la cassa integrazione a 241 giornalisti, l'anno scorso tra cigs e solidarietà il costo sostenuto è stato di 22 milioni, e ha riguardato 5155 colleghi. La legge sul pluralismo dell'informazione, che arriva in questi giorni alla Camera per il suo ultimo, si spera, passaggio parlamentare, dovrebbe garantire una sostanziosa iniezione di risorse al sistema. Ed è ipocrita negare che se la trattativa per il rinnovo contrattuale si è allungata nel tempo è stato proprio per lo spirito attendista degli editori interessati a sapere quale fosse la portata dell'intervento pubblico. Fin dal primo incontro del 22 settembre 2015 la Fnsi ha posto il tema dell'occupazione al centro della discussione, conscia del fatto che il declino occupazionale deriva principalmente da una crisi strutturale del settore che non riesce a espandersi, innovare e diversificare. Nuovi modelli di business, nuove idee, nuovi prodotti editoriali significano non solo l'espansione dell'occupazione, ma anche la sopravvivenza dell'industria dell'informazione, e se gli editori non saranno capaci di sviluppo altri soggetti riempiranno il vuoto. Bisogna riconoscere che anche la Fieg ha mostrato interesse al tema, anche se non entusiasmo. Tuttavia è abbastanza ovvio che se per un terzo i giornalisti dipendenti hanno lavorato a orario ridotto nel 2015 l'eventuale "aumento della produzione" avrà come primo effetto il loro ritorno al tempo pieno, il richiamo al lavoro dalla cassa integrazione e dalla solidarietà. Ciò di cui parliamo però è altro: alcune migliaia di colleghi che già lavorano per le imprese editoriali ma non sono inclusi nel perimetro del lavoro dipendente. Non parliamo degli abusivi, dei finti collaboratori, che andrebbero regolarizzati e basta, ma di quelle falangi di veri parasubordinati monocommittenza che, anche secondo numerose deliberazioni congressuali, vanno ricondotti nel lavoro subordinato. Lavoro subordinato significa per loro raggiungere uno status che prevede ferie, riposo, stabilità del rapporto di lavoro, welfare, un profilo Casagit, maternità, malattia, ammortizzatori sociali in caso di riduzione o cessazione del lavoro. In prima approssimazione un trattamento simile all'articolo 2, o 12, che vanno però riscritti per ammodernarli. Spesso gli articoli 2 e 12 non vengono usati dalle aziende perché sono oggettivamente arcaici. Una considerazione sul punto. E' un problema, quello dell'obsolescenza testuale del contratto, che riguarda anche altre cose, più semplici da raccontare e spiegare: l'obbligo del servizio militare non c'è più, la legge 626 è stata sostituita dal dlgs 82 otto anni fa, l'orario degli stenografi e il loro premio sono reliquie del passato. La legge prevede oggi i congedi matrimoniali anche per le unioni civili, la contrattazione a termine è cambiata; ma anche tutto il capitolo delle tecnologie, articolo 42 e allegato E, risalgono a un tempo in cui i computer e le reti, erano estranei alla vita quotidiana e piombavano nelle redazioni che passavano dal caldo al freddo. Portare i parasubordinati nella subordinazione ovviamente comporta alcune decisioni:
  • Va definita la differenza tra loro e i redattori, per evitare la sostituzione degli articoli uno e per non cancellare le giuste rivendicazioni dei finti autonomi che lavorano come articoli uno.
  • Va definita la retribuzione, considerando la distribuzione del reddito attuale e la sua compatibilità con le retribuzioni contrattuali.
  • Va mantenuto il ruolo di "scriventi" puri.
Ampliare gli organici, obiettivo che per noi è centrale, significa anche ampliare il recinto delle attività affidate ai giornalisti: ci serve, se possibile, una definizione operativa. Il lavoro giornalistico secondo leggi e giurisprudenza, consiste nella ricerca, individuazione, verifica, elaborazione, produzione e trasmissione ai cittadini di informazioni, o se vogliamo "prodotti giornalistici", il tutto svolto con una dose di creatività. Questo significa che se un domani venisse introdotta la figura del "news management expert" (qualunque cosa potrà significare nella mente di chi se la dovesse inventare) non dovrebbe essere difficile dire se la sua attività è giornalistica o meno. Ci sono ovviamente molte figure professionali giornalistiche già reali che il nostro contratto non menziona e che andrebbero introdotte, altre che stanno nascendo e che nelle singole aziende vengono inquadrate secondo il nostro contratto, ma a volte anche con altri contratti. Dare sistematicità al tema è un ulteriore obiettivo, fondamentale, del rinnovo.
       
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