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Rai, Perugia e i 35: meno propaganda e invece riforma
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di Giancarlo Ghirra Il presidente del Consiglio nazionale dell'Ordine insiste nella polemica estiva sulle assunzioni in Rai rivendicando meriti che non ha (la selezione interna in corso sino al 16 settembre e il concorso aperto a tutti che si terrà entro l'anno) perché tutto questo pacchetto è contenuto in un accordo sindacale firmato da Fnsi e Usigrai. In nome di una demagogia che mira a mettere poveri contro poveri, Enzo Iacopino è riuscito ancora una volta a trasformare un’occasione di serio dibattito (l’assunzione senza concorso di 35 colleghi formati alla Scuola di giornalismo radiotelevisivo di Perugia) in una squallida vicenda di contrapposizione fra i senza lavoro (i colleghi delle altre scuole, i disoccupati, i precari), e i 35 assunti, additati al pubblico linciaggio. Un bel polverone, con attacco ai 35, attacco agli organismi della categoria, per una volta portatori di un qualche risultato : le assunzioni contestate nei mesi scorsi, altre 85 entro l'anno in cambio dell’uscita di colleghi “anziani” dalla Rai. Al di là dei polveroni, è evidente che scatenare la guerra contro l’accordo Rai non è di per sé un reato di lesa maestà verso Fnsi e Usigrai. Tuttavia ci sono dei limiti. Iacopino ha fatto persino balenare in pieno agosto persino la possibile disdetta da parte dell'Ordine della convenzione con una scuola, quella di Perugia, che da 21 anni forma ottimi giornalisti radiotelevisivi. Giovani che vengono scelti all'ingresso in base a rigorose selezioni vigilate dall'Ordine con grande partecipazione d concorrenti: l'ultima volta si sono presentati in 200 per 24 posti a differenza di altre scuole dove il rapporto fra domande e ammessi sfiora miserevolmente l'uno a uno senza alcuna minaccia di disdetta. Evitando di passare per la componente o il partito filo Rai contrapposto a non si sa quali moralizzatori ad anni alterni, direi che 35 assunzioni – contrattate con il sindacato – non sono di questi tempi un risultato di poco conto. Ma ecco Iacopino dire: "Quella è una scuola aziendale, vietata dal regolamento". Colleghi autorevoli hanno spiegato in modo documentato che Perugia non è una scuola aziendale. Funziona da 21 anni come master nel quale la Rai ha un ingente ruolo di finanziatrice e di fornitura di strutture e docenti, l’Università fornisce i suoi professori, l’Ordine vigila scrupolosamente su selezione e andamento dei corsi. Sino a oggi nessuno aveva parlato di scuola aziendale. Perché dunque aprire a freddo questa polemica? Non vorrei che certe forzature spingessero davvero la Rai a farsi la sua scuola: non credo sia il nostro obiettivo. E non voglio, sarebbe altrettanto volgare, dire che la Luiss (Confindustra) e la Iulm (Mediaset) siano scuole aziendali, dunque perché polemizzare con Perugia? Se ci sono scuole aziendali si chiudano, ma il regolamento del Comitato tecnico scientifico dell'Ordine vieta proprio le scuole volute, governate e gestite dalle aziende. Tutte e tre le scuole sospette di aziendalismo sono state sottoposte anche di recente al vaglio del Cts, che fa le sue ispezioni e propone le sue relazioni, regolarmente approvate negli ultimi dieci anni dagli esecutivi presieduti da iacopino o con Iacopino segretario. Cosa è successo di nuovo dunque? Niente di diverso da quanto accadde al TG1 nell’estate di tre anni fa, quando Lumsa e Luiss fornirono in pochi giorni i nomi di colleghi da assumere con urgenza, un po’ come è successo ora per Perugia. Allora Iacopino non protestò, ricordo di averlo sentito al contrario vantarsi di avere collaborato a far assumere i colleghi, chiamati senza concorso, con urgenza e con chiamata diretta. La differenza, mi viene da pensare ( anche se a pensar male si fa peccato..) è che Gubitosi non abbia telefonato a Iacopino, che non ha potuto imporre la sua benedizione all'accordo. Lecito, umano, che i non assunti siano imbufaliti. Ma non abbastanza per un Presidente del Cnog da scatenare un putiferio, contro gli assunti prima di tutto.. E grande odio verso il sindacato, colpevole di non trovare occupazione alle migliaia di disoccupati e precari. Ora c'è da vigilare sul concorso pubblico, sul quale saraà difficile anche per la Rai procedere velocemente proprio per la difficoltà di trovare dei criteri a prova di ricorso: limiti di età, titolo di studio, conosenza delle lingue, sprattutto dei linguaggi televisivi saranno o no previsti? Il sindacato farà la sua parte, ma molto lavoro spetterà ai legali, chiamati a prevenire eventuali, dannosissimi, ricorsi. E l'Ordine? Si preoccupi di formare giornalisti capaci. C’è chi, anche fra noi di Liberiamo l’informazione, suggerisce di chiudere le scuole, tornando all’inesistente praticantato fatto sul marciapiede, o chi propone una moratoria temporanea, una chiusura magari di due anni. Capisco la sensibilità di chi tenta di trovare soluzione al dramma di migliaia di giovani senza lavoro o super sfruttati, ma chiudere le scuole vigilate dall’Ordine significherebbe semplicemente lasciare a Università e aziende (allora sì passerebbero le scuole aziendali) la facoltà di formare i giornalisti, e l’Ordine potrebbe chiudere definitivamente baracca. Non sarebbe un gran male, penseranno in tanti, e forse neanche io mi strapperei le vesti per la perdita dell'organismo attuale, uno strumento valido sulla carta ma svilito da un uso improprio di principi irrinunciabili, quelli che garantiscono la libertà e l’autonomia dei giornalisti (articolo 2 della legge del 1963). La strada più seria, anche se impervia e difficilissima da percorrere, è quella della riforma e del rigore, a partire dal Comitato tecnico scientifico che, grazie a molti di noi, è diventato uno strumento di sempre maggiore severità e rigore. Ripeto, grazie al lavoro di tanti di noi, del quale si appropria Iacopino quasi in esclusiva. Occorre inoltre - e su questo i consiglieri nazionali dovranno tenere occhi e orecchie aperte, chiedendo dettagliati curriculum prima di ogni voto in Consiglio sulle commissioni- garantire esami sottratti a qualsiasi discrezionalità, sempre più severi, con commissioni d’esame formate non per clientelismo ma per selezione severa e di qualità dei colleghi. Ci sono tanti giornalisti in attività che chiedono di essere inseriti in commissione, ci sono free lance, precari, e anche colleghi pensionati ma di primo piano in grado di valutare con rigore gli aspiranti giornalisti. A proposito di esami, anche qui, dobbiamo diventare più laici e non rincorrere leggende e menzogne: ogni anno dalle scuole arriva all’esame al massimo il 25 per cento degli aspiranti professionisti, qualcosa come 180 su 900 (vedi i dati di Lsdi, anch’essi in via di approfondimento) e dunque non sono le scuole a creare l’esercito di disoccupati, semmai gli editori che usano per anni giovani ai quali poi i Consigli regionali riconoscono il diritto al praticantato d’ufficio. Il problema vero è che, oltre a dover forse chiudere alcune altre scuole non all’altezza del compito, occorre garantire immediatamente una riforma che consenta a chi il giornalista lo fa di diventare professionista, e mettere fine all’attuale Ordine dei non giornalisti. Iacopino fa propaganda, ma non si batte per la riforma. E così i tanti finti pubblicisti super sfruttati che non diventeranno mai professionisti se non passa la riforma dell’Ordine, non potranno neppure partecipate alla selezione aperta a tutti che la Rai sta per organizzare in virtù dell’accordo sindacale così sgradito a chi fa volare gi stracci ma fa sì che niente cambi.. Andiamo al sodo, dunque. Non facciamoci gettare fumo negli occhi, non andiamo su piste sbagliate. Lavoriamo per la riforma dell’Ordine, per scuole ancora più serie, per una formazione rigorosa e esami di Stato seri e severi. E su questo terreno sfidiamo gli Iacopino e chi lo sostiene, in un Consiglio nazionale che rappresenta assai poco i giornalisti italiani e i precari in cerca di lavoro.