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Ordine, un Consiglio spaccato a metà


I consiglieri lombardi di Liberiamo l'Informazione melaMassimo D'Azeglio, intestatario dell'hotel in cui si sono consumati gli eventi di ieri, lo sosteneva già un secolo e mezzo fa: i piemontesi e gli altri non potevano convivere sotto lo stesso regno. Noi ci abbiamo provato. Siamo partiti martedì 21 gennaio con due ipotesi di riforma dell'Ordine dei giornalisti sul piatto: una, minimale, preparata da una commissione che aveva il compito di armonizzare le diverse sensibilità, e una, più drastica, che ipotizzava un cambiamento molto più radicale, espressione del gruppo di "liberiamo l'informazione" che raggruppa milanesi, romani, toscani, liguri e altri in ordine sparso che si erano candidati all'Ordine con lo slogan "o si cambia o si chiude". Elemento forte di questa seconda ipotesi era il superamento dell'anacronistica divisione tra professionisti e pubblicisti, categorie che raccolgono oggi persone che svolgono lo stesso identico lavoro. La prima ipotesi aveva comunque dalla sua elementi positivi, come l'accesso unico alla professione, un rapporto di rappresentanza in consiglio (tre professionisti e due pubblicisti) più vicino a quel due a uno stabilito dalla legge del '63 per i consigli regionali, un invito a una drastica riduzione nel numero dei consiglieri. Da un primo confronto tra le due linee fondanti (doppio elenco o elenco unico) martedì pomeriggio era già uscita una netta vittoria della prima ipotesi. I consiglieri di "Liberiamo l'informazione" e della sua costola romana, Contrordine, hanno comunque deciso di provare a migliorare questa proposta, presentando una serie di emendamenti. Un giorno di votazioni a raffica ha fatto sì che l'ipotesi "A" uscisse svuotata degli elementi positivi, tanto da spingere i 3/5 del gruppo che aveva preparato l'ipotesi di mediazione, la prima, a disconoscerne la paternità e ad astenersi dal voto. La consistenza numerica del gruppo di maggioranza nel corso di queste votazioni si è via via assottigliata, fino alla votazione conclusiva. Partiti 49 a 70, siamo arrivati a 59 contro 57. Senza i voti dei nostri due rappresentanti in commissione, che si sono astenuti. Il presidente Iacopino, che ambiva essere il presidente che dopo 50 anni riusciva a varare la sospirata riforma, si trova oggi fra le mani un testo a stento condiviso dalla sua maggioranza, e rischia, grazie alla devastante azione dei suoi sostenitori, falsi difensori del pubblicismo, di essere il presidente che gestirà la fine dell'Ordine dei Giornalisti. Non potrà certo presentare in Parlamento un documento scarsamente innovativo, che oltre tutto può contare su una non maggioranza. Per tutti e tre i giorni di dibattito sono stati presenti alcuni presidenti di Ordini regionali, dell'Emilia, Sicilia, Sardegna, Piemonte e Gabriele Dossena della Lombardia. Stremati anche loro e comunque testimoni di quanto avvenuto (zuffe, insulti, ma anche stoici dibattiti) nelle scomode sale dell' Hotel Massimo D'Azeglio. Una buona occasione anche per noi, che abbiamo presentato a tutti il documento Bonini-Rea e quello finale che sarà fatto girare tra i colleghi. Oggi l'umore di chi, pur avendo avuto una lieve maggioranza ha clamorosamente perso, era funereo. Ma all'orizzonte si profila (a quanto si è colto nei corridoi) un Consiglio Nazionale straordinario per portare avanti l'ennesimo tentativo di un testo comune. Per quanto ci riguarda siamo meno che tiepidi. E, almeno noi di Liberiamo l'Informazione, sempre più convinti a non rinunciare per nulla ad un progetto di riforma finalmente nuovo. Alla fine delle votazioni, i giornalisti di "Liberiamo l'informazione" e di "Contrordine" hanno preparato questo COMUNICATO: "I consiglieri nazionali dell'Ordine di Liberiamo l'Informazione e di Contrordine, preso atto che la maggioranza del Cnog, all'esito della discussione e del voto su un progetto di riforma da sottoporre al Parlamento, ha: -respinto in maniera netta i principi e l'articolato di riforma presentato da Liberiamo l'Informazione e Contrordine (fine della distinzione professionisti/pubblicisti, albo unico, e riduzione dei componenti del Consiglio a 60 membri dagli attuali 158); -approvato a maggioranza (59 a 57) amputandolo di alcuni dei suoi principi cardine il progetto di riforma faticosamente mediato all'interno della commissione insediata dallo stesso Cnog, stravolgendone così il significato; Ritengono che il consiglio, in virtù della sua maggioranza politica e del rapporto di forza numerico tra pubblicisti e professionisti, abbia definitivamente certificato la sua incapacità ad autoriformarsi. Denunciano una intollerabile situazione di stallo per la quale, in difformità dagli intenti della legge istitutiva del 1963, il Consiglio Nazionale è tenuto numericamente in ostaggio da chi esercita la professione in modo occasionale o anche a tempo pieno senza però aver avuto alcun percorso formativo e superato alcun esame di idoneità. I consiglieri di Liberiamo l'Informazione e di Contrordine ritengono pertanto che l'iniziativa per una vera riforma abbia ora quale unico sbocco un dialogo diretto con le forze politiche e sociali interessate a un'informazione autonoma e libera basata su un indifferibile cambiamento. Avvieranno quindi nelle prossime settimane una raccolta di firme presso tutti gli ordini regionali e tutte le redazioni a sostegno del proprio progetto di riforma che sottoporranno direttamente al Parlamento."
       
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