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l'Unità? Se Gabanelli guarda il dito e non la luna


dito lunadi Oreste Pivetta Molti amici continuano a chiedermi (anche in questi giorni è capitato) che cosa avessi pensato seguendo la puntata di Report dedicata ai conti economici dell’Unità e del Partito democratico (o del partito che era prima) , conti di milioni per bilanci in rosso presentati confondendo responsabilità di giornale e di partito, denunciando malefatte, sperpero di denaro pubblico, ambigue frequentazioni, ricostruendo alcune vicende attraverso interviste all’amministratore (del partito) Sposetti, ad alcuni esponenti politici (del partito), ad un “singolare” finanziatore grazie a un fondo intestato a un cane lupo, non concedendo invece una parola ai giornalisti e tanto meno al comitato di redazione. Agli amici rispondo sempre che nessuno ignorava o ignora il pluridecennale stato di difficoltà del giornale (magari,per completezza, aggiungo qualcosa a proposito della crisi tremenda del sistema dell’informazione in Italia: nessuno – mi pare – si può dire oggi al sicuro), rispondo di poter elencare con certezza alcune ragioni di tante difficoltà e di intuirne altre, ma di non aver saputo nulla ai tempi e di non saper nulla oggi di quanto scandalosamente riferiva Report. Rispondo ancora di aver conosciuto (potrei partire da lontano, ma per corrispondenza mi riferisco agli anni più recenti in vario modo “colpiti” dall’inchiesta televisiva) un giornale diretto da eccellenti giornalisti, a cominciare da Furio Colombo, sull’onestà dei quali sarei pronto a mettere le mani sul fuoco, prodotto da una redazione di valore, preparata, impegnata, capace di lavorare in autonomia (per quanto l’Unità dovesse comunque rappresentare gli orientamenti di una forza politica) e con spirito critico (da sempre: come potrebbe testimoniare anche il nuovo direttore del Corriere e come potrebbero testimoniare molti dei suoi editorialisti, da Polito a Demarco, tutti formatisi grazie ad una non breve militanza nelle redazioni dell’Unità)… ben più di quanto avveniva e avviene in grandi testate cosiddette indipendenti. Rispondo quindi che mi sarei aspettato che Milena Gabanelli facesse almeno un cenno al valore del giornale, soprattutto in un momento come questo, quando l’Unità, ad un anno dalla chiusura, potrebbe tornare in edicola, e che mi sarebbe piaciuto che la Gabanelli dicesse pure: nonostante tutto in questi anni l’Unità con i suoi giornalisti ha tenuto testa con dignità alle corazzate (o barchette) del sistema italiano dell’informazione, sospinte da milioni e milioni di pubblicità che l’Unità non ha mai avuto (per fortuna e per il valore che ha il pluralismo nell’informazione, l’Unità, come molte altre testate, ha potuto ricevere i finanziamenti pubblici previsti dalla legge) o dai canoni d’abbonamento. Invece niente, cannonate e basta, quasi a minacciare: mettiamoli a tacere prima che tornino a parlare, buttiamo a mare una redazione (un centinaio di posti di lavoro?) prima che torni all’opera. Con gli amici concludo sempre auspicando una inchiesta altrettanto vigorosa di Report sull’azienda che garantisce lo stipendio alla Gabanelli e ai suoi redattori, chiarendo magari quanto questa azienda costa ai contribuenti italiani (azzardando pure qualche riflessione sulla cultura che questa stessa azienda propone ai suoi teleutenti).
       
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