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La Procura boccia il piano di salvataggio dell’Unità: “Inadeguata l’offerta della cordata Veneziani-Pessina-Pd"


La Procura di Roma dice no al concordato preventivo che eviterebbe il fallimento della Nie, la Nuova società editoriale che editava l’Unità, attualmente in liquidazione ma ancora proprietaria della testata. Per i magistrati la proposta di salvataggio presentata dall’editore Guido Veneziani (Stop, Vero, Miracoli e altre riviste e tv di gossip) d’intesa col Pd, è “inadeguata”. Si allontana così il ritorno in edicola. I rilievi della Procura, tuttavia, non sono vincolanti. Alla fine sarà il giudice del tribunale fallimentare, Luisa De Renzis, a decidere se accettare o no il progetto della cordata composta da Gruppo Veneziani (socio di maggioranza), Pessina Costruzioni (il costruttore milanese che diventerebbe socio di minoranza) e Fondazione Eyu (acronimo di Europa-Youdem-Unità e “golden share” politica del Pd). Ma rischiano quanto meno di allontanare la prospettiva del salvataggio e del ritorno a breve in edicola del quotidiano fondato da Antonio Gramsci. I magistrati chiedono garanzie per dipendenti e fornitori. Secondo il collegio della Procura romana, l’operazione per salvare il giornale ideata dal tesoriere del Partito democratico, il renziano doc Francesco Bonifazi, costruita poi nei dettagli da Veneziani, si configurerebbe come una “cessione di ramo d’azienda”. In quanto tale, la cessione della testata non potrebbe essere separata dal piano editoriale, e il nuovo editore dovrebbe farsi carico almeno in parte dei dipendenti della vecchia redazione. Opportunità per la redazione ma salvataggio a rischio. Da una parte, questa potrebbe essere una buona notizia per i circa 80 dipendenti de l’Unità attualmente in cassa integrazione straordinaria a zero ore dal primo agosto 2014 (il giornale ha cessato le pubblicazioni il 31 luglio), perché al compratore verrebbero chieste alcune garanzie occupazionali. E sarebbe, soprattutto, una buona notizia per l’identità della testata, che tornerebbe in edicola con almeno una parte dei giornalisti legati alla sua storia e non con i redattori delle riviste di gossip del Gruppo Veneziani, come il nuovo editore sarebbe intenzionato a fare. Dall’altra parte, se il giudice fallimentare dovesse accogliere i rilievi della Procura, il “salvatore” potrebbe tirarsi indietro aprendo le porte del fallimento per la vecchia società editrice Nie. Tre i rilievi dei magistrati romani. Tornando al merito dei rilievi dei pm romani, le obiezioni sarebbero tre. La prima riguarderebbe il prezzo di acquisto del giornale: mancherebbe un accertamento ufficiale del valore di mercato de l’Unità. Senza questo passaggio, ogni offerta rischia di essere incongrua e di configurare un illecito. In secondo luogo, la proposta della nuova cordata editoriale risulterebbe inadeguata per quel che riguarda le garanzie offerte ai creditori della Nie, che ha accumulato debiti per oltre 20 milioni di euro. In terzo luogo, per raggiungere l’accordo che eviterebbe il fallimento, Veneziani & co. dovrebbero essere in grado di offrire assicurazioni sia per il pagamento dell’affitto del ramo d’azienda (si era parlato di 90mila euro al mese), sia per il futuro acquisto della testata. E invece nella proposta di salvataggio non ci sarebbe nessuna certezza né per i dipendenti né per i fornitori. Il 12 febbraio le parti convocate in Tribunale. Nei prossimi giorni dovrebbe esserci un incontro tra il tesoriere del Pd, Veneziani e la redazione. L’eventuale accordo di massima dovrà poi essere presentato al giudice fallimentare il prossimo 12 febbraio, quando sono state convocate in tribunale tutte le parti in causa. Dubbi sull’operazione di salvataggio attraverso il Gruppo Veneziani erano già emersi nell’autunno scorso. Il giudice fallimentare aveva chiesto una integrazione del piano e concesso una proroga fino al 30 novembre alla nuova cordata editoriale. Veneziani aveva messo sul tavolo 10 milioni di euro, tra i soci era comparsa la Pessina Costruzioni, il piano era stato meglio definito e l’accoglimento dell’offerta e del concordato a quel punto sembrava cosa fatta. (Globalist.it)
       
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