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La parabola (discendente) del precario


di Saverio Esopo Paffumi images-5- I muratori di Bengodi (una favola sindacale) - C’era una volta, nel paese di Bengodi, un sindacato che tutelava i muratori. I muratori erano tutti assunti, guadagnavano bene e costruivano belle case. Poi le leggi, nel paese di Bengodi, cambiarono. Si decise che le case si potevano costruire anche impiegando muratori non assunti. I contratti si moltiplicarono. Nacquero contratti a tempo, che dopo qualche mese scadevano. Addirittura alcuni costruivano le case e venivano compensati “a piano”, “ad appartamento”, “a muro”, “a scalino”, "a ringhiera". Poteva capitare che due muratori, fianco a fianco, facessero lo stesso lavoro, ma uno guadagnasse cinque o sei volte l’altro, in virtù di due trattamenti contrattuali diversi. Poteva capitare che le fondamenta e i muri portanti fossero costruiti dai muratori pagati meno, mentre quelli assunti e meglio pagati si limitassero alla facciata, alle decorazioni o al tetto. Certo nemmeno loro erano felici, perché diminuivano continuamente di numero e lavoravano sempre di più… Nel frattempo una pesante crisi economica arrivò ad aggravare le cose. Solo i muratori che avevano il vecchio e glorioso contratto riuscivano a guadagnare abbastanza per vivere. Gli altri, con decisioni unilaterali dei loro padroni (mai contrastate efficacemente dal sindacato), venivano pagati sempre meno, dovevano cercare di sbrigare anche altri lavoretti per campare, venivano in parte mantenuti dai genitori o dalle mogli. Il sindacato dei muratori non era riuscito a impedire che tutto questo avvenisse, ma anziché trovare il modo di difendere i muratori precari e quelli più poveri, cominciò a dire che chi veniva retribuito con stipendi troppo bassi non poteva definirsi propriamente un "muratore". A nulla servì far notare che non erano i lavoratori a stabilire i loro compensi, che non erano i lavoratori a decidere le condizioni di lavoro. Soprattutto, essi tiravano su i muri, mettevano un mattone sopra l’altro, con la calce e la cazzuola e infine le case venivano su e stavano in piedi grazie a loro: se non erano "muratori", cos’erano? Non s’era mai visto al mondo che un mestiere fosse definito dal salario, e non dal lavoro effettivamente svolto… Mai un sindacato aveva assunto la paga erogata dal padrone come unità di misura per valutare un lavoratore. Ma quel "sindacato" fu irremovibile e definì “muratori” solo quelli che guadagnavano bene. Fu così che il sindacato dei muratori del paese di Bengodi abbandonò i muratori poveri al loro destino e visse felice e contento finché rimasero muratori benestanti da tutelare.
       
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