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Foto del mercato del lavoro giornalistico
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Analisi di Guido Besana Premessa sul turn over: gli iscritti all’Ordine al 31.12.2006 erano 94.356. Al 31.12.2007 101.221, +6.865, di cui 64.009 pubblicisti, 24.487 professionisti e 2.432 praticanti, oltre diecimila circa iscritti negli elenchi speciali. Nel 2007 sono andati in pensione 276 giornalisti. Tra il 2001 e il 2007 il mercato del lavoro giornalistico ha attraversato una fase evolutiva a velocità differenziate. I rapporti di lavoro a tempo indeterminato regolati dal CNLG FNSI-FIEG sono aumentati dell’10,36 % (pari a 1248 unità), quelli regolati da altri contratti del 544,09% (1713). I rapporti di lavoro a tempo determinato regolati dal CNLG FNSI-FIEG sono aumentati dell’89,92 % (769), quelli regolati da altri contratti del 886,51 % (214). I rapporti di lavoro subordinati sono quindi aumentati complessivamente del 29,80 % per 3944 unità. I lavoratori iscritti alla gestione separata in attività sono aumentati nello stesso periodo del 35,57 % (4628 unità). 1) Il lavoro autonomo. Vengono comunemente definiti collaboratori quei giornalisti che svolgono le loro prestazioni professionali in regime di lavoro autonomo. In base al loro status professionale possono essere suddivisi tra professionisti, praticanti, pubblicisti e non iscritti. La collaborazione retribuita con una o più testate per un periodo di due anni almeno è infatti il requisito per accedere all’iscrizione all’Albo, nell’elenco pubblicisti. Questo determina la difficoltà nel determinare il numero di collaboratori privi di status, anche se sicuramente è superiore al numero di nuovi pubblicisti che ogni anno vengono riconosciuti dagli ordini regionali. Quanto ai praticanti i lavoratori autonomi iscritti al relativo registro appartengono a due sottogruppi: coloro che ottengono dagli ordini il riconoscimento del praticantato grazie al lavoro autonomo e quei praticanti che svolgono collaborazioni avendo perso l’occupazione. In minima parte si da il caso di praticanti che affianchino al lavoro dipendente lo svolgimento di lavoro autonomo. I pubblicisti che collaborano con testate giornalistiche sono suddivisibili invece tra coloro che attendono il riconoscimento del praticantato, coloro che hanno un reddito troppo basso per ottenere il riconoscimento, i pubblicisti non interessati al passaggio nell’elenco dei professionisti, i pubblicisti che hanno un posto di lavoro subordinato, quelli che lo hanno perso e, infine, i pubblicisti in senso classico, come da l. 69 1963, coloro cioè che svolgono altra attività o professione oltre ad una attività giornalistica retribuita e non occasionale. I professionisti che svolgono lavoro autonomo in parte hanno un rapporto di lavoro subordinato non vincolato all’esclusiva, in parte sono disoccupati o cassintegrati, in parte hanno scelto la libera professione. C’è infine una quota di pensionati che realizza collaborazioni giornalistiche. Tralasciando i non iscritti all’albo l’intero universo dei collaboratori è tenuto all’iscrizione alla Gestione separata dell’Inpgi (Inpgi 2) e al versamento dei contributi relativi ai compensi percepiti. Su questi obblighi contributivi, che a tuttoggi non ricadono in alcun modo sulle aziende, in attesa dell’attuazione dell’accordo sul welfare tra FNSI e FIEG, il Sindacato e l’Istituto di previdenza svolgono da anni un compito di informazione. Per questo motivo, oltre che per la crescita della platea interessata, gli iscritti all’Inpgi 2 aumentano con una crescita media di 1500 unità all’anno. Nel 2006 l’aumento è stato di 1914 iscritti, nel 2007 di 1350. Su 101.221 iscritti all’Ordine gli iscritti all’Inpgi 2, al 31 dicembre 2007, erano 24.377, di cui 7.864 professionisti, 68 praticanti, 15.893 pubblicisti, 552 pubblicisti/praticanti. I collaboratori possono ulteriormente essere suddivisi tra di loro in base al tipo di rapporto di lavoro che intrattengono con le aziende. Infatti, escludendo le prestazioni realmente saltuarie, i collaboratori che operano in regime di parasubordinazione vengono a trovarsi formalmente in situazioni differenziate. Le modalità principali sono la collaborazione coordinata e continuativa, lettere di incarico riconducibili a cococo, la cessione di diritto d’autore, la prestazione in regime di Partita IVA, le prestazioni occasionali basate su accordi verbali o sulla accettazione di un tariffario proposto dall’azienda, accettazione che viene considerata generalmente implicita nella prosecuzione della collaborazione stessa. Si riscontra anche il ricorso a contratti di collaborazione a progetto, anche se la fattispecie non è applicabile alle professioni che richiedono iscrizione ad albi. Come si vede si tratta di un quadro complesso, in cui il comune denominatore è il versamento della contribuzione al 12% da parte del lavoratore. Il potere contrattuale dei collaboratori è estremamente vario, anche se spesso minimo, e questo si riflette nell’entità dei compensi. Negli ultimi anni molti editori hanno fissato unilateralmente dei tariffari, spesso modificandoli al ribasso unilateralmente, mentre il tariffario che annualmente viene fissato dall’Ordine dei Giornalisti rimane un riferimento solo in limitati casi di contenzioso giudiziario. Ora questo quadro si sta rapidamente modificando. La legge 247 del 2007 sul welfare prevede infatti che la contribuzione per i parasubordinati venga gradualmente armonizzata al regime e alle aliquote previste per gli iscritti alla gestione separata dell’Inps entro il 1° gennaio 2011. Oltre alla richiesta di elevare la contribuzione, come per gli altri lavoratori parasubordinati, e porre a carico delle aziende il versamento dei due terzi a loro carico e del terzo a carico del giornalista, la FNSI aveva chiesto di chiarire definitivamente che la cessione di articoli, inchieste, servizi giornalistici in genere non può essere considerata cessione di diritto d’autore e di individuare strumenti di tutela dei collaboratori che vengono “costretti” a aprire la Partita Iva anche se i loro redditi sono tali da rendere ciò autolesionista. L’introduzione del regime dei contribuenti minimi ha in parte migliorato la situazione di quest’ultima parte della categoria, ma numerose aziende hanno già iniziato a trasformare formalmente il loro rapporto con i collaboratori in cessione di diritto d’autore o in prestazione occasionale per evitare di dovere accollarsi i versamenti contributivi in un prossimo futuro. Un’imponente parte della categoria rischia quindi di non avere alcuna prospettiva pensionistica, oltre ad essere in una situazione di completa ricattabilità economica e a dover vivere con redditi da fame. Sono infatti 576 gli iscritti alla gestione separata che nel 2006 hanno avuto un reddito superiore ai 50.000 euro, 1.702 quelli che hanno avuto un reddito compreso tra 25.000 e 50.000 euro, 3.694 tra i 10.000 e i 25.000 euro, mentre 13.455 hanno avuto un reddito inferiore ai 10.000 euro. Nello stesso anno gli iscritti con Partita IVA erano per lo meno 4.061. 2) la zona grigia Anche a causa dell’ampia articolazione delle relazioni di lavoro sopra ricordata si verificano numerosi casi in cui i rapporti di lavoro vengono erroneamente qualificati. Dai dati del Servizio Contributi e Vigilanza dell’Inpgi risulta che nel corso di 458 ispezioni effettuate negli anni tra il 2002 e il 2007 sono state riscontrate 1264 posizioni formalmente qualificate come lavoro autonomo riconducibili invece a rapporti di lavoro subordinato, per le quali sono stati elevati 363 verbali ad altrettante aziende. In dettaglio i dati evidenziano: Anno 2002 2003 2004 2005 2006 2007 Cocococo 74 111 138 94 163 175 cessione diritti 16 40 36 9 12 37 Autonomi 16 96 47 52 66 82 Totale 106 247 221 155 241 294 Di seguito invece si riportano i dati relativi a parte dei giornalisti inquadrati con contratto di altra categoria per i quali il Servizio ha dovuto elevare verbali per richiedere i contributi versati ad altre casse. Anno 2002 2003 2004 2005 2006 2007 (*) grafici editoriali 8 6 31 29 23 metalmeccanici 14 4 commercio 21 11 31 28 terziario 2 6 23 22 P.A. 43 63 Totale 22 29 21 126 136 82 (*) il dettaglio delle tipologie di inquadramento contrattuale per il 2007 non è al momento disponibile. A questi si sommano i giornalisti inquadrati come programmisti-registi o come operatori di ripresa dalla Rai, rispettivamente 223 e 74 nel biennio 2003-2004, e quelli inquadrati con contratto FRT e contribuzione INPS, complessivamente 53 nel quinquennio 2002-2006. Risulta evidente come sia necessario sia stabilire delle chiare previsioni relative al rapporto di lavoro autonomo, anche per evitare un corposo contenzioso, sia chiarire quanto si stia diversificando il lavoro giornalistico, quanto si stiano ampliando le competenze e le specializzazioni, oltre alle capacità e conoscenze richieste dalla professione. 3) Il precariato Per quanto riguarda i rapporti di lavoro a tempo determinato si è assistito negli ultimi anni ad una crescita marcata del loro numero. Anno 2001 2002 2003 2004 2005 2006 2007 contratti TD 879 894 1116 1378 1515 1704 1861 La crescita dei rapporti di lavoro a Tempo Indeterminato, in 7 anni, è stata del 23,97%, quella dei rapporti di lavoro a Tempo Determinato del 111,75%. Oggi su un totale di 17.178 occupati il 10,83 % sono contratti a termine, nel 2001 erano il 6,64 %. La loro distribuzione è però estremamente variabile. I dati disponibili evidenziano che a fianco di aziende in cui tutti i dipendenti sono assunti a tempo indeterminato esistono altre aziende che arrivano ad avere dipendenti a tempo determinato in misura pari al 31%, 40%, 52%, fino all’84% dei rapporti a tempo indeterminato. I contratti a termine rappresentano una parte significativa delle nuove assunzioni e sono spesso molto al di sopra delle percentuali stabilite dalla contrattazione collettiva e molto al di fuori dai casi ammessi dalla legge, venendo utilizzati in situazioni che nulla hanno a che vedere con ipotesi temporanee di attività. Sempre più spesso le aziende editoriali utilizzano i contratti a tempo determinato per il turn-over. Complessivamente negli ultimi sette anni sono stati stipulati 11.246 contratti di lavoro a tempo determinato, con una durata media di 8 mesi, che hanno interessato 5.507 giornalisti. Una rivisitazione delle norme contrattuali sul rapporto di lavoro a tempo determinato pare oggi assolutamente necessaria, anche alla luce delle previsioni della legge 274 del 2007. 4) La flessibilità Le forme di rapporto introdotte dal Decreto Legislativo 276/03 non hanno avuto applicazione nel settore, se si esclude qualche caso sporadico di somministrazione e la sostituzione arbitraria di una parte dei cocococo con cocopro. Vale comunque la pena di analizzare le varie previsioni del Decreto e la loro applicabilità al settore, tenendo presente la natura e l’organizzazione del lavoro giornalistico. Somministrazione: l’ostacolo principale all’applicazione deriva dall’art.25, che determina la contribuzione ad altro ente previdenziale, visto l’inquadramento dei somministratori nel terziario. Questo problema si pone anche per altre previsioni del Dlgs. Tuttavia la forma di rapporto di lavoro non è in realtà stata utilizzata preferendo le aziende ricorrere ai contratti a tempo determinato, di più semplice gestione. Appalto: nel settore si ricorre da tempo ai services, società di servizi o cooperative. La materia è regolata dall’allegato M del CNLG. Il fenomeno è in diminuzione, e i principali services italiani stanno affrontando gravi difficoltà, con cessazioni di attività spesso irrecuperabili. L’evoluzione delle tecnologie, la riduzione dei costi, l’interoperabilità dei sistemi editoriali e informatici in genere rende il ricorso a strutture esterne sempre meno vantaggioso per le aziende editoriali, ormai in grado di ricorrere a singoli collaboratori gestiti direttamente dai desk. La crisi dei services rende peraltro urgente una riflessione sulla loro esclusione dai principali ammortizzatori sociali. Distacco: questa Federazione non ha ancora saputo individuare quale possa essere l’interesse di un editore che possa essere soddisfatto mettendo un proprio dipendente giornalista a disposizione di un altro editore continuando però a retribuirlo. Lavoro intermittente, o a chiamata: se in un primo periodo le aziende editoriali sembravano interessate a questo strumento, ad esempio per rafforzare gli organici destinati a coprire gli eventi sportivi del fine settimana, hanno poi preferito stipulare dei contratti a tempo parziale verticale, meno onerosi. La fattispecie è ormai superata normativamente. Lavoro ripartito: questa fattispecie risulta chiaramente inapplicabile, non essendo compatibile con la necessità della direzione di testata di affidare ad un determinato giornalista un determinato lavoro. Una qualsiasi suddivisione del lavoro tra due giornalisti non può essere determinata solo da una suddivisione del tempo di lavoro. Si pensi poi alla quantità di informazioni che dovrebbero essere scambiate ad ogni passaggio di testimone, oltre che alle difficoltà logistiche. Apprendistato e contratto di inserimento: la disciplina del Praticantato giornalistico rende estremamente complesso l’utilizzo di forme simili di rapporto di lavoro. Pare inoltre che a differenza dei contratti di formazione lavoro, che con difficoltà si erano inseriti nel CNLG all’allegato O, queste fattispecie risultino di poco interesse per le aziende italiane in generale. Lavoro a progetto e lavoro occasionale: il terzo comma dell’articolo 61 reca: “Sono escluse dal campo di applicazione del presente capo le professioni intellettuali per l’esercizio delle quali è necessaria l’iscrizione in appositi albi professionali, esistenti alla data di entrata in vigore del presente decreto legislativo”. Questo esclude quindi l’applicabilità della disciplina ai giornalisti, che sono pure esclusi implicitamente dalla disciplina relativa alle “Prestazioni occasionali di tipo accessorio rese da particolari soggetti” di cui agli articoli da 70 a 74. art. 32. - Modifica all’articolo 2112 comma quinto, del Codice civile: una delle modifiche introdotte sostituisce il testo “parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata ai sensi del presente comma, preesistente come tale al trasferimento e che conserva nel trasferimento la propria identità” con il testo “parte dell’azienda, intesa come articolazione funzionalmente autonoma di un’attività economica organizzata, identificata come tale dal cedente e dal cessionario al momento del suo trasferimento”. L’ambiguità del termine “identificata” può indurre cedente e cessionario ad individuare senza alcun confronto con i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali un gruppo di lavoratori da includere arbitrariamente nel perimetro del ramo d’azienda.