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#Elezioni2014/ Una casa per tutti i creatori di contenuti
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Un'unica casa per chi si occupa della creazione e della gestione dei contenuti. Questo dovrebbe essere oggi il principale obiettivo del sindacato. Una categoria giornalistica definita dagli schemi preistorici del quotidiano cartaceo non ha saputo aprirsi in questi anni per accogliere tutta una serie di figure professionali, quelle nate dallo sviluppo dei media digitali ma non solo, basti pensare all'annoso problema dei giornalisti inquadrati nelle reti tv come programmisti o autori, giusto per fare un esempio "classico". Ignorare ancora chi vive la professione e il lavoro in questi 'territori', come anche nelle aziende private, nelle associazioni, nel terzo settore, sarebbe una scelta sciagurata, perché è là, dove non c'è la regolamentazione tradizionale, che dovremo provare a coltivare posti di lavoro per compensare almeno parzialmente quelli andati irrimediabilmente perduti nell'editoria classica. Giocare in difesa per salvare l'occupazione non ha pagato più di tanto, e non risolverà i problemi della categoria e dei suoi enti economici. Ci condanneremmo alla riserva indiana. Guardare con attenzione a nuove declinazioni del nostro lavoro non significa perdere in dignità. Come categoria abbiamo la credibilità per proporci come catalizzatore delle energie che provengono dal mondo dei media digitali e da tutte le esigenze e tutti gli spazi di comunicazione che possono diventare giornalismo. Pensiamo a figure come i web content editor, coloro che sono chiamati a gestire i contenuti per internet. Questi professionisti scrivono, impaginano articoli, ricercano notizie, si occupano della gestione di newsletter, di siti, monitorano i dati statistici delle pagine web. Oppure ai social media manager incaricati dalle aziende di sviluppare le strategie di social media marketing dei propri brand. Chi meglio di un giornalista potrebbe portare valore in tali ambiti? Questi nuovi settori rappresentano delle "praterie" di opportunità per chi ha sviluppato esperienze in ambito giornalistico, a patto che si favorisca un'attività formativa mirata alle competenze più tecniche del digitale. Invece, molti colleghi che sono riusciti a fare il salto nel mondo delle aziende, o delle agenzie di comunicazione, sono stati lasciati soli. Sono stati trattati, di fatto, come se fossero stati espulsi dalla categoria. Sono stati lasciati soli per quanto riguarda gli aspetti formativi e soli al momento della contrattualizzazione, come se si trattasse di un mondo distante anni luce da quello dell'editoria. Eppure da qui ai prossimi anni le aziende avranno bisogno di creare al proprio interno vere e proprie redazioni, avranno la necessità di coinvolgere esperti nella produzione di contenuti. La sensazione è di essere solo all'inizio di questa evoluzione: ci muoviamo in una realtà ancora magmatica e c'è tempo per provare a inserirci e magari a guidare questo processo, dando un contributo fondamentale anche sotto l'aspetto deontologico. L'alternativa è quella di continuare a sventolare orgogliosamente la bandiera della nostra riserva, asserragliati nel fortino delle testate registrate.