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Controcorrente: no, non siamo tutti uguali
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Il 6 dicembre a Roma si è tenuta un'assemblea di colleghe e colleghi che provengono da (e che vivono) esperienze sindacali diverse, ma che condividono valori, passione, analisi ed obiettivi. E' stato il naturale approdo d'un confronto e d'un impegno condiviso lungo quasi tre anni. Si sono, ci siamo, definiti #ControCorrente, nome che serve a ricordare come molto spesso (lo sanno anche i salmoni...) per raggiungere il traguardo occorra nuotare a fatica e tenacemente in direzione opposta alla corrente. Questo il documento, sottoscritto sinora da quasi duecento colleghe e colleghi: Le giornaliste e i giornalisti di #ControCorrente si riconoscono nei principi della Carta Costituzionale, nei valori dell’antifascismo e dell’antirazzismo, nei contenuti del Testo Unico dei doveri del Giornalista; ritengono che sia giunto il momento di aprire una discussione, dentro e fuori le redazioni, su principi e valori da tutti liberamente sottoscritti e da alcuni quotidianamente disprezzati. Non siamo tutti uguali. È necessario che queste differenze emergano e che l’Ordine dei giornalisti, con il sostegno di tutti noi, pretenda e ottenga il rispetto dei principi condivisi, a cominciare dal contrasto del linguaggio dell’odio, della discriminazione e della violenza. #ControCorrente si riconosce nei valori essenziali dell’articolo 21 della Costituzione: la libertà di informare di ogni cronista e il diritto di essere informato che appartiene ad ogni persona. #ControCorrente ritiene inscindibile il nesso tra la difesa delle libertà e la tutela dell’autonomia e delle garanzie della professione. Di qui la nostra scelta di essere sempre comunque dalla parte dei cronisti minacciati da mafia, malaffare e corruzione e di contrastare, nel mondo e in Italia, i bavagli di qualsiasi natura e colore, compresi quelli derivanti dagli interessi politici e economici. Nel solco dei principi dei documenti approvati dal Congresso di Chianciano, #ControCorrente ritiene irrinunciabili alcuni elementi per difendere il futuro di una professione sotto attacco: La centralità politica e progettuale della Fnsi, attuata attraverso il coordinamento degli Enti Inpgi, Casagit e Fondo di previdenza complementare nel rispetto dell’autonomia di ognuno, e l’indispensabile sinergia e armonia con l’Ordine; L’immediata approvazione di una legge che scoraggi, colpisca e sanzioni chi usa le querele temerarie come indebita e violenta pressione; La radicale revisione delle leggi di sistema che regolano il mondo dell’informazione e in particolare la legge sull’editoria con la ridefinizione delle norme antitrust, la fissazione dei tetti alla raccolta pubblicitaria televisiva, la tassazione della pubblicità digitale; una governance del servizio pubblico libera dal condizionamento dei partiti e del governo; la cancellazione dei contratti Cococo che con il Job Act hanno reso il mondo dell’informazione più precario di quattro anni fa; Un drastico spostamento delle risorse del comparto sullo sviluppo, sull’inclusione dei lavoratori parasubordinati, sull’occupazione e sulla difesa del reddito dei lavoratori autonomi. Nel settore della carta stampata, e analogamente in quello dell’emittenza, non si può pensare solo, come avvenuto nell’ultimo decennio di crisi, di proseguire con lo stanziamento di milioni di euro per i pensionamenti anticipati, il ricorso indiscriminato agli ammortizzatori sociali, la distruzione del lavoro subordinato sostituito da lavoro atipico, parasubordinato e irregolare, la destrutturazione del Cnlg. Tutto questo mentre nelle redazioni la qualità della vita ha toccato i minimi storici. Inoltre a chi svolge lavoro giornalistico va riconosciuto il giusto contratto. O si creano le condizioni per un nuova stagione contrattuale, partendo da presupposti di lotta alle diseguaglianze e inclusione sociale, oppure si dovrà arrivare alla vertenza pubblica. La perdita di occupazione stabile nel decennio non ha eguali nelle altre categorie. A chi sostiene che il giornalismo sia stato travolto dalla modernità non sapendo adeguarsi, rispondiamo che non c'è stato alcun trasferimento di reddito verso la libera professione. Si sono svuotate le redazioni e i precari sono aumentati: un quadro di fronte al quale si dovrebbe pubblicamente parlare di emergenza di un presidio democratico. Chi non ha saputo adeguarsi alla modernità, rilanciando e investendo, è l’imprenditoria italiana dell’informazione. Questa emergenza riguarda tutti i cittadini, non solo i giornalisti. Continuare ad accettare che i contenuti vengano rapinati in rete, veicolati da parte dei colossi del web senza un accordo organico sui flussi pubblicitari diretti e indiretti che generano, significa condannare il giornalismo ad una insondabile contaminazione con una serie di interessi che con l'informazione hanno poco a che fare; Oggi oltre il 60% dei giornalisti è lavoratore autonomo in prevalenza a partita Iva oppure collaboratore coordinato e continuativo. A questo mondo in movimento e in espansione si deve dare un giusto riconoscimento, con stabilizzazione e inclusione nei perimetri contrattuali e rappresentanza negli organismi sindacali aziendali, come già si chiedeva del resto nel documento approvato all’unanimità dal congresso di Chianciano. Per questo serve un nuovo patto contrattuale, inclusivo e plurale, che garantisca condizioni economiche e professionali non vergognose per decine di migliaia di giornalisti che guadagnano meno di 10 mila euro lordi annui. Nessuno, se non in malafede, può considerare una rivendicazione di dignità come una difesa corporativa. In questo spirito deve avere finalmente attuazione la legge sull’equo compenso per i veri liberi professionisti; Il completamento della riforma dell’Ordine dei giornalisti, con in primo luogo un nuovo percorso di accesso alla professione rispondente alla realtà e l’istituzione del giurì per la lealtà dell’informazione; L’ampliamento del concetto di professione, ancora figlio della legge del 63, guardando a settori contigui, come quello della comunicazione pubblica, che rispondono ai principi ispiratori della professione giornalistica e ad essi andrebbero ricondotti nel rispetto dei cittadini; La contrattazione di settore: le trasformazioni del panorama editoriale devono essere comprese nelle politiche contrattuali e ampliarle. Spetta a noi definire una proposta capace di includere le nuove figure professionali all’interno delle garanzie contrattuali e della difesa del reddito. Dopo il contratto con Aeranti Corallo e l’accordo contrattuale con Uspi, il percorso va approfondito radicalmente a partire da tutte le declinazioni del digitale e dei periodici a diffusione locale per i quali vanno pensate apposite figure e regole contrattuali; L'enorme perdita di occupazione subita nel decennio mette gravemente a rischio la sopravvivenza di Inpgi e Casagit. In questi anni gli Enti economici di categoria hanno fatto tutto il possibile per tentare di mantenere un equilibrio economico. È impossibile far quadrare i conti perdendo centinaia di milioni di contribuzione. Al grande numero di prepensionamenti, necessari nella fase acuta della crisi, non è seguita e non sta seguendo alcuna ricostituzione del tessuto occupazionale delle redazioni. Inpgi e Casagit vanno sostenuti e difesi in tutte le sedi, in stretto raccordo con Fnsi e Ordine, in nome di una sostenibilità di sistema che non può ridursi al lavoro sottocosto; Un grande momento di confronto pubblico sul futuro rapporto tra democrazia e informazione. Il governo e il mondo politico devono essere chiamati ad esprimere una responsabilità precisa sulla deriva in atto, la categoria a riaffermare il suo ruolo.