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Cara Fornero, Sanremo è un sintomo: la Rai va curata


di Marina Cosi "Cara professoressa Elsa Fornero, due giorni fa GIULIA - la rete delle Giornaliste Unite Libere Autonome, più di 500 ormai in tutta Italia - le aveva chiesto di non spegnere il televisore ma di aiutarci a cambiare la televisione. Il Festival di Sanremo, una edizione da più parti criticata per gli scivoloni grossolani, si è chiuso con la vittoria di tre giovani e brave cantanti...". Inizia così la lettera aperta,pubblicata oggi con evidenza sull'Unità e già subito ripresa da diversi blog, con cui Giulia, la rete nazionale delle giornaliste, è tornata su Sanremo quale emblema della sopravvivenza di una cultura superata, maschilista (e pure un po' bavosa). Già a botta calda aveva mandato un comunicato alle agenzie. Ora la forma-lettera consente meglio di argomentare e chiedere "fatti". Sul tema "beceraggine" tivù si sono espressi in molti in queste giornate, donne e uomini, singoli e movimenti; però noi giulie abbiamo un obbligo in più, in quanto giornaliste: quello di essere il fronte critico sull'informazione e sulla comunicazione, sui loro meccanismi, stereotipi e connivenze. La lettera ad Elsa Fornero, che oltre a reggere il ministero del Lavoro ha anche la delega alle Pari opportunità, è ripresa dal sito di Giulia: http://giulia.globalist.it/Detail_News_Display?ID=7875 Val la pena andarci, così giacchè potete dare un'occhiata anche ad altri articoli e segnalazioni, tuttavia, per i più pigri, la riportiamo a seguire per intero: Cara Professoressa Elsa Fornero, due giorni fa GIULIA, la rete delle Giornaliste Unite Libere Autonome, più di 500 ormai in tutta Italia, Le aveva chiesto di non spegnere il televisore ma di aiutarci a cambiare la televisione. Il Festival di Sanremo, una edizione da più parti criticata per gli scivoloni grossolani, si è chiuso con la vittoria di tre giovani e brave cantanti, con il primo premio a Emma che era stata con noi sul palco di Se Non Ora Quando l'11 dicembre a Roma, vincitrice con una canzone sui precari. Un "Giano bifronte", questo Festival, che mentre fa vincere tre giovani donne, per cinque sere ha veicolato e riproposto con prepotenza un'immagine offensiva della donna che non sta più nella realtà da tempo: come puro ornamento, bell'oggetto da esibire e da mostrare o, ancora, argomento di barzellette e battute che davvero si sperava di non sentire più dopo la stagione politica appena conclusa. Il richiamo al rispetto della dignità delle donne che un anno fa ha riempito le piazze italiane con un milione di persone, dal palco dell'Ariston è stato come cancellato. Ci siamo liberate dalla centralità delle escort nel discorso pubblico per ritrovarci inchiodate all'immagine della Valletta muta, sempre più spogliata come, immobile da decenni, deve essere la donna nell'immaginario maschile . E intorno a lei sguardi lascivi e battutine maschiliste. Un copione in larga parte scritto da uomini. Un linguaggio maschile, fatto di quella "galanteria" non innocua (Morandi che di fronte alla terna del podio tutta femminile dice: "tre donne bellissime", e se fossero state brutte??) che ha odiosi riverberi sottoculturali in chi ascolta e vede. Le donne italiane non riusciranno a guadagnare il ruolo che sappiamo necessario alla crescita nostra, dei giovani e del Paese, né a liberarsi della violenza maschile di cui sono scandalosamente vittime, se non cambierà il rapporto tra uomini e donne. E questo passa in larga misura attraverso l'informazione e la cultura pop che i mass media veicolano. Cambiare l'informazione, tutta, è uno degli scopi per i quali è nata GIULIA. Anche la Rai, che deve tornare ad essere "la più grande industria culturale del Paese". Questo Festival ne riflette la crisi: aziendale e culturale. Se cambia la Rai, le ricadute potrebbero essere positive per l'intero sistema dei media. La Rai è una grande azienda pubblica e tale vogliamo che resti. E' un'azienda piena di risorse professionali straordinarie al suo interno, troppo spesso mortificate e accantonate. Ma perché torni ad essere un volano di crescita culturale per l'Italia, deve recuperare una missione: quella di costruire nel Paese una "maturità di genere" e una società duale in cui il valore della cultura torni ad essere quello che all'Italia spetta di diritto per la sua storia. Il Governo di cui Lei fa parte ha la grande occasione. C'è un'occasione per riformarla e per nominare nuovi vertici: una chance da non perdere, una sfida che potrà essere vinta se saranno chiamati ai vertici donne e uomini con coraggio e competenza che sappiano esprimere una visione di alto profilo per attuare quel cambiamento culturale non più rinviabile che chiedono le donne. GiULiA - giornaliste unite libere autonome
       
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