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8 marzo e violenze, dati impietosi ma gli editori stanno a guardare
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Sicurezza in redazione, per le donne. Lo dice l’Ifj ossia la Federazione internazionale dei giornalisti e lo ribadiscono l’Efj (Federazione europea) e la Fnsi (Federazione italiana): “Basta violenze contro le giornaliste”, online e di persona.
Quelle sul web in vertiginosa ascesa… , come dimostra una , purtroppo, ricca documentazione. Tutti si dicono contriti, ma poi non tutti, anzi, adottano la Convenzione ILO 190 (contro la violenza e le molestie sul lavoro). Di suo l’Ifj aggiunge i risultati di due sondaggi effettuati a inizio anno per capire cosa e quanto facciano le organizzazioni sindacali associate per contrastare il fenomeno. E ribadisce la necessità di inserire norme specifiche nei contratti collettivi. Perché se molte l’ammettono rispondendo al questionario riservato, poi solo una su due denuncia. E l’altra, quella che non denuncia, trova confermata la propria scelta di silenzio nella constatazione che nulla viene fatto ben in due terzi dei casi denunciati… La resistenza maggiore viene dagli editori: “Al sondaggio hanno risposto 161 persone fra giornalisti e manager dei media di 37 Paesi. Per ben due terzi di loro le molestie online non sono una priorità e quasi la metà, il 44%, non ne ha neanche discusso”
Tutti i sindacati hanno confermato di sostenere le proprie iscritte alcuni anche con assistenza legale e tutti con dichiarazioni pubbliche, formazione sulla sicurezza digitale e linee guida per prevenire gli abusi online. In alcuni casi esistono anche specifici codici di protezione e piattaforme per segnalare gli attacchi. Per l’Italia ricordiamo che, grazie all’esistenza dell’Ordine, sono stati tenuti – e seguiti – moltissimi corsi sul tema che hanno aperto menti e cuori. Questa invece la dichiarazione, che però suona soprattutto come auspicio, di Maria Angeles Samperio, presidente del Gender Council Ifj: “Troppe giornaliste, in particolare le freelance, sono vittime di abusi online e abbandonano i social media per evitare ulteriori molestie. I sondaggi mostrano che molto lavoro deve essere ancora fatto dai media per rendere le redazioni più sicure e adottare protocolli concreti per sradicare il fenomeno. È tempo di introdurre meccanismi chiari per dimostrare tolleranza zero contro gli abusi dei media”. Diciamo che nel nostro piccolo qualcosa l’abbiamo fatto, ad esempio attivando la “Rete nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni d’odio” , ad esempio partecipando in molte/i alle rilevazioni del Barometro dell’odio (che misura il tasso di hate speech sui social) di Amnesty International Italia, ormai alla quarta edizione. Da tutti questi dati risulta evidente la spinta giunta dalla casalinghitudine forzata (“la pandemia ci ha reso più feroci”). Non oso pensare come stia schizzando al cielo il barometro dell’odio, ora, con la guerra nel cuore dell’Europa.
A risentirci nel prossimo 8 marzo, 2023… Stessa data, stessi temi e si spera non la stessa impotenza.