Giovanna Fumarola
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Elon Musk, proprietario della verità
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“Free speech absolutist”, assolutista della libertà di parola, si è autoproclamato Elon Musk, dopo essersi aggiudicato per 44 miliardi di dollari la proprietà di Twitter. Peccato che quasi tutta la narrazione su questa acquisizione che cambia la storia di uno dei social più utilizzati al mondo si sia focalizzata solo sul blu dipinto di blu della fatidica “spunta”, il segnale azzurrino che certifica ogni account. Il patron di Tesla aveva annunciato che entro fine novembre 2022 il servizio sarebbe diventato a pagamento, 8 dollari al mese. In pratica: pagare per ottenere da lui una patente di affidabilità tutta da dimostrare. Per il momento, ci ha ripensato. Ma è davvero solo questo il problema che merita di sollevare un polverone? Il fatto che il profilo di un personaggio pubblico, di una celebrità, di un influencer o di un brand possa subire una tassazione periodica per la verifica dell’identità? O non piuttosto che Musk nutra bizzarre simpatie politiche che variano al variare dei suoi interessi e uno spirito da padrone delle ferriere? Vedi l’ultimatum a “lavorare più duramente oppure a dimettersi”, che ha prodotto un’ondata di dimissioni, dopo il licenziamento di più della metà dei 7.500 dipendenti. Il vero campanello d’allarme dovrebbe suonare perché Musk rischia di entrare a gamba tesa nel mondo dell’informazione, veicolando notizie, influenzando l’opinione pubblica, facendo credere che i mass media tradizionali non raccontino la verità. Con il mito della libertà di parola vale tutto, anche incitare i propri sostenitori che vanno in piazza ad assaltare Capitol Hill denunciando inesistenti brogli elettorali, come fece il 6 gennaio del 2021 Donald Trump, sconfitto alle elezioni da Joe Biden. All’epoca, Twitter decise di sospenderlo, prima temporaneamente e poi in via definitiva. La prima mossa in materia del neoproprietario Musk è stata, probabilmente non a caso, un sondaggio rivolto agli utenti del social: “Volete riammettere Trump su Twitter?”. Il 51,8% ha detto sì. “Il popolo ha parlato. Trump verrà riammesso. Vox Populi, Vox Dei“, ha twittato lui. Il destinatario di tanto entusiasmo al momento ha nicchiato, non intende tornare. Ma preoccupa che Musk continui in maniera neanche troppo sottile a gridare al mondo che l’unica informazione davvero libera sia quella che passa dai social. La sfida per noi professionisti è marcare la differenza che passa tra una notizia verificata, raccontata rispettando codici deontologici che tutelano le minoranze e i più deboli, e lo stile Musk, il berciare grottesco che d’ora in poi influenzerà ancora più pesantemente l’opinione e i consumi pubblici.