Redazione
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Bella inchiesta su chi ha fatto uccidere Andy Rocchelli
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Ci sono i filmati girati sino all’ultimo suo respiro da Andy Rocchelli, c’è la testimonianza dell’unico giornalista sopravvissuto, di tre che erano, cioè il francese William Roguelon.
Ora c’è anche la testimonianza “coperta” d’un testimone che stava sulla collina da cui han sparato contro Andy e contro Andrej Mironov, uccidendoli, e contro William ferendolo gravemente.
Solo che il testimone non ha un’identità o meglio l’ha ma è coperta, perché è un disertore, ha lasciato l’Ucraina e vive sotto falso nome in una grande città dell’Europa centrale. Lui c’era, su quella collina alla periferia della città di Sloviansk da cui sono partiti a grappolo i colpi con l’intenzione di uccidere. Lui c’era quel 24 maggio 2014 perché era una sentinella della 95.ma brigata dell’esercito regolare ucraino. E conferma che fu il comandante della brigata, Mikhailo Zabrodskij, ad ordinare di sparare dalla collina di Karachun col mortaio automatico: un’arma che si utilizza non certo per dare un chi-va-là, ma per uccidere. Sono stati ammazzati nel fossato in cui s’erano rifugiati dopo che sul loro taxi erano piovuti proiettili dalla collina. Inermi, ma non abbandonati, perché dapprima un ragazzo del posto aveva cercato di avvisarli del pericolo. E dopo, quando ormai Andy e Andrej erano morti, il collega francese Roguelon s’era salvato benchè ferito gravemente, strisciando sino alla postazione ai piedi della collina in cui erano asserragliati i separatisti filorussi. Che l’hanno soccorso. Proprio a questi ultimi però il governo ucraino aveva (ha) cercato di attribuire la responsabilità del duplice assassinio quando, tre anni dopo, la procura di Pavia arrestò invece Vitaly Markiv della Guardia Nazionale ucraina. Non un soldato regolare, Markiv, ma un volontario di questa legione filogovernativa che affiancava l’esercito ucraino.
Sappiamo com’è finita. Per ora. Con la condanna di Markiv in primo grado a Pavia e poi con la sua assoluzione in appello a Milano. Fuori dai due tribunali con striscioni e slogan e dentro le aule con un tifo da stadio, i connazionali ne hanno sempre proclamato l’innocenza. Anzi in entrambe le aule erano stati raggiunti dal ministro degli Interni ucraino. Assolto, Markiv è poi tornato in Ucraina dove ha ricevuto attestati, riconoscimenti ed interviste televisive quasi fosse un eroe. I genitori di Andy (Andrea all’anagrafe) però non mollano. Li abbiamo visti con grande competenza ed altrettanta dignità battersi per ottenere giustizia, avendo la Fnsi al proprio fianco. Ma non è finita qua. Perché altri due cronisti, Andrea Sceresini e Giuseppe Borello, si sono messi a scavare tra le carte (anzi a scavare online), hanno fatto verifiche e soprattutto ottenuto conferme e testimonianze. Come quella del soldato disertore andata in onda ieri 4 febbraio, nella prima delle due puntate della loro inchiesta “La disciplina del silenzio”. Nel bel programma, Spotlight, di RaiNews24. La seconda parte verrà trasmessa venerdì prossimo, 11 febbraio, sempre alle 21.30. E comunque recuperabile su RaiPlay. Ma già sappiamo che il comandante della postazione sulla collina di Karachun, Mikhailo Zabrodskij, è diventato ed è ancora deputato del Parlamento ucraino e fa parte d’una commissione per le relazioni interparlamentari con l’Italia. Intervistato, non smentisce e non conferma la ricostruzione del tragico 24 maggio 2014, ma ammette che sì tutti i combattenti ucraini presenti in cima alla collina, sia dell’Esercito regolare sia della Guardia nazionale, erano sotto il suo comando…
M.C.