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Sesto, la città fabbrica e il sol dell'avvenire
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Otto anni dopo Viaggio al centro del lavoro Saverio Paffumi dà alle stampe Per chi suona la sirena (Ediesse ed), secondo libro su/con Antonio Pizzinato e sul destino di Sesto San Giovanni. “Il Pizzi”, sindacalista e senatore, friulano milanesizzato - chissà da dove ci viene questo vezzo di troncare i nomi, dall’ape come aperitivo al Berlu per Berlusconi, absit iniuria verbis; forse per non perdere tempo – ha compiuto il mese scorso 88 anni e può ben raccontare da protagonista ma non da solista la storia di una città-fabbrica da cui son partite tutte le prime scintille per i diritti del lavoro, della salute, della contrattualizzazione. Altro che Fiat. Solo che la Fiat - cambiati nome e comproprietà e pure sportello fiscale – esiste ancora, mentre il tessuto industriale di Sesto si è smarrito al punto che, all’incontrario di quanto accaduto nella via Gluck di Celentano, dove c’erano le fabbriche ora c’è l’erba, ovvero i parchi (giardino urbano, parco della ricerca, parco della salute). Finita da poco la guerra, il Pizzi a 15 anni viene assunto dalla Borletti di Sesto, città già con un bel clima combattivo che affondava le radici nelle lotte operaie del primo Novecento, nell’antifascismo, nella lotta partigiana. E qui affiancato, in quanto apprendista, ad un operaio esperto, come usava, per conoscere i rudimenti della meccanica e dei tempi di fabbrica, …giacché impara anche i primi rudimenti politici e velocemente diventa sindacalista e comunista. La storia del Pizzi segue tutte le tappe canoniche, la Fiom, il partito (no scusate, va scritto così: il Partito), gli anni di studio a Mosca, il ritorno e la carriera sino a diventare segretario generale Cgil, dopo il lunghissimo regno di Lama e prima del lungo regno di Trentin. Ma quella di Sesto San Giovanni non è una storia di singoli, è un romanzo corale costruito sulle memorie di operai, sindacalisti, politici, sindaci, donne e uomini. E come tale l’ha tagliata e cucita con grande maestria il collega Saverio Paffumi, non solo conversando con Antonio Pizzinato, ma anche raccogliendo le memorie di sindacalisti e amministratori civici. Dal sindaco Giorgio Oldrini - perfetta sintesi di sestesità per la sua storia personale di giornalista dell’Unità e dell’essere figlio di Abramo, primo cittadino dopo la Liberazione e per oltre 15 anni – al sindacalista Giampiero Umidi, impegnato sul “fronte fabbrica” nelle lotte del ’68 per i diritti via via sino a quelle per contenere i danni delle dismissioni aziendali, fino ad altri due protagonisti morti purtroppo quest’estate, Fiorenza Bassoli prima donna a coprire la carica di sindaco e Tino Perego appassionato leader dei metalmeccanici Cisl. E altre/i ancora. Infine - a dimostrazione che tutto si tiene e che Sesto, Milano, la fabbrica, la redazione, la lotta, insomma il lavoro vissuto con impegno “di sinistra” ha radici comuni - ecco apparire sul frontespizio di Per chi suona la sirena una frase del nostro Piero Scaramucci, che se n’è purtroppo andato ormai un anno fa e che recita, la ricopio per intero: “Tutti i tentativi di erosione della democrazia in Italia sono passati da un attacco al sindacato, negli anni sessanta e settanta con le bombe e lo spionaggio contro le lotte dei lavoratori nei primo ottanta con il craxismo e le marce antisindacali, nei novanta con i tentativi berlusconiani di delegittimazione… Nell’attuale sfaldamento della sinistra il sindacato appare una delle poche (unica?) forze organizzate in grado di esprimere una dialettica. Finché dura”. Marina Cosi SEGUITE la presentazione giovedì 3 dicembre, dalle ore 18 in diretta streaming, sulla pagina Fb della Fondazione ISEC (https://www.facebook.com/fondazioneISEC). Ci saranno, oltre a Paffumi e Pizzinato, oltre a Oldrini e Umidi, anche Pierfranco Arrigoni, Giovanni Perfetti, Debora Migliucci e un'altra ex sindaca, Monica Chittò. Più Luigi Vimercati che modera