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Quanti migranti vale la libertà di stampa?


gulCan Dundar e Erdem Gul, hanno avuto oggi la loro prima udienza. E la protesta dell'Europa suona flebile, dopo che la comunità ha promesso soldi ad Ankara, e forse l'invito a entrare da inquilini nella casa comune, in cambio del lavoro sporco sui migranti. A protestare non restano che i loro colleghi nel mondo attraverso Efj, Ifj, sindacati nazionali e associazioni per la libertà di stampa e il diritto d'opinione. Can Dundar ed Erdem Gul sono i due giornalisti - direttore e caporedattore - del quotidiano turco di opposizione ‘Cumhuriyet’ accusati di spionaggio e divulgazione di segreti di Stato per aver fatto il proprio lavoro svelando, con un’inchiesta del 2014, il traffico d'armi tra Turchia e Siria. Hanno trascorso 92 giorni in carcere, uscendone il 26 febbraio scorso grazie alla Corte Costituzionale (sentenza violentemente contestata da Erdogan), ma restando incatenati ad un processo che rivolge loro accuse da ergastolo. Per questo oggi i giornalisti italiani sono tornati a protestare. Stavolta non più soltanto con manifestazioni di piazza o convegni, ma rivolgendo un appello direttamente a Renzi perchè intervenga: «Il processo va fermato e il premier intervenga – hanno chiesto a nome di tutta la Fnsi il segretario Lorusso e il presidente Giulietti - per evitare che in Turchia siano ulteriormente calpestati il diritto di cronaca e la libertà di stampa». «Dopo aver sollevato il problema in un recente vertice dei capi di governo tenutosi a Bruxelles – hanno detto Raffaele Lorusso e Giuseppe Giulietti – è auspicabile che il premier Matteo Renzi si attivi per evitare che in Turchia vengano ulteriormente calpestati il diritto di cronaca e la libertà di stampa. Come ha ricordato Can Dundar in un articolo pubblicato su Le Monde, "in Turchia i giornalisti sono liberi di fare domande, a condizione però di correre il rischio di perdere il lavoro o di finire in galera. Questa situazione ha trasformato la Turchia in una delle più grandi prigioni per giornalisti del mondo". All'appello del sindacato italiano fa eco l'analogo appello rivolto dai giornalisti francesi al loro presidente Francois Hollande affinchè non si "baratti la libertà di stampa in Turchia con l’accordo fra Bruxelles e Ankara sulla crisi dei migranti". Per inciso e non a caso oggi, cioè nella stessa giornata in cui si teneva la prima udienza di Dundar e Gul, si è svolta anche l'ultima udienza e la condanna di Bulent Kenes, ex caporedattore ed editorialista del quotidiano turco "Zaman" (testata a sua volta commissariata). Kenes è stato condannato a due anni e sette mesi di carcere per aver "insultato" il presidente Recep Tayyip Erdogan in una serie di tweet. Secondo il tribunale penale di primo grado di Istanbul, a cui si erano rivolti gli avvocati di Erdogan, i commenti del giornalista su Twitter erano andati "oltre i limiti del diritto di critica". Kenes era stato arrestato il 9 ottobre scorso e incarcerato per cinque giorni, avendo già alle spalle una condanna a 21 mesi di carcere con la condizionale sempre per "insulto" ad Erdogan. Questo il testo dei colleghi francesi che chiedono pubblicamente l'intervento di Hollande: "Il tribunale penale di Istanbul, presso il quale si è svolta la prima udienza del processo ai giornalisti di Cumhuriyet, Can Dundar ed Erdem Gul, ha deciso che il processo si svolgerà a porte chiuse. Lo scrive il sito del quotidiano “Hurriyet”, spiegando che l'udienza si è conclusa da poco. I due imputati sono stati accompagnati in tribunale da una nutrita folla di sostenitori, tra giornalisti, sindacalisti e politici del partito liberale Chp e di quello filo-curdo Hdp. "Oggi siamo qui - ha detto Dundar all'ingresso del tribunale - per difendere il giornalismo. Ci siamo riuniti per dire quello che abbiamo già detto più volte, che difenderemo il diritto della gente a essere informata, a sapere che siamo stati arrestati". "Il giornalismo non è un reato - ha aggiunto Gul - Oggi siamo qui per affermarlo. La Corte costituzionale ha stabilito che quello che abbiamo fatto è semplicemente giornalismo. Non abbiamo commesso un reato e continueremo a fare giornalismo". A proposito della libertà di espressione nel suo paese, Dundar ha precisato che "la Turchia non è mai stata un paradiso per i giornalisti", ma "francamente neanche nel periodo dei golpe militari abbiamo conosciuto pressioni così forti". "Erdogan - ha spiegato - ha creato i propri media, ha acquisito quotidiani. Imprenditori a lui vicini hanno comprato quotidiani. Come risultato, Erdogan è oggi il più grande editore della Turchia". Dundar ha poi assicurato che non ha mai pensato di scappare dalla Turchia, perché "sarebbe come dichiararsi colpevole", e che ripubblicherebbe il dossier sulle armi dell'intelligence in viaggio verso la Siria: "La questione dei servizi segreti di un Paese che consegnano armi è un reato di livello internazionale. Non è un segreto di Stato, è il segreto personale di Erdogan. Reagiscono così duramente con noi perché lo abbiamo scoperto. Non negano, ma ci accusano perché lo abbiamo scoperto, perché sono stati sorpresi con le mani nel sacco". Infine Dundar ha criticato l'Europa per l'accordo con la Turchia sui migranti, definito "un grande sbaglio". "Sulla questione dei rifugiati - ha spiegato - Erdogan ha giocato il jolly, facendo in modo che ci si dimenticasse delle sue politiche repressive. L'Europa ha detto a Erdogan: 'Fai quello che ti pare a casa, ma non mandarci più rifugiati'. Sentiamo di essere stati sacrificati per questo accordo".
       
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