Redazione
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Quando il giornalismo guarda il dito e trascura la luna
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Stamane, alle 8.30 su Radiopopolare, diretta sulla Rcs. Finalmente, si dirà. Radiopop, un nome una garanzia no?... E invece ancora una volta lo scontro Fiat/Della Valle, ancora una volta il gruppo perde ma il Corriere guadagna, ancora una volta lo stesso cupo silenzio sul destino dei periodici, in parte venduti, in parte chiusi. Ma cosa ci sta succedendo? Una volta i giornali scrivevano di Economia e Lavoro e le pagine dedicate riportavano proprio quest'intestazione, in stretta dipendenza. In questo modo parlavano ai loro lettori della loro vita. Poi c'erano, ben distinti, spazi in pagina dedicati alla finanza. Ad esempio la Pirelli o l'Alfa producevano pneumatici e auto, ma a "farli" erano gli operai con tecnici ed impiegati: questo era ben chiaro a tutti. Per cui noi si scriveva di impianti, di problemi di fornitura, di tempi e metodi in catena di montaggio, di vertenze, di contratti: senza soluzione di continuità proprio perchè davvero erano un tutt'uno. Il tema, qui, non sono i danni della finanziarizzazione, ma più banalmente la cattiva piega che ha preso il giornalismo nostrano, tanto peggiore e ancor più reticente, poi, quando parla di sè. L'esempio più attuale è il silenzio stampa che avvolge i problemi del lavoro alla Rcs. Azienda di cui si parla solo per citare le mosse proprietarie - gli Agnelli, Della Valle, il patto di sindacato sì o no, i Nobili Destini del Palazzo di via Solferino - o concentrandosi sul Corrierone: ora l'ultimissima eccitazione dei colleghi che ne scrivono è "fonderanno Stampa e Corriere in un'unica società per ottimizzare i costi?". Stiamo parlando di un'azienda in cui soltanto a febbraio è stato chiuso uno stato di crisi con 20 esuberi e con l'eutanasia di tre testate, un'azienda che già ha violato precedenti accordi di rilancio (roba da farci un 28, cioè un ricorso ex art. 28 dello Statuto dei lavoratori, ma sinora zitti e mosca) e che si ritrova drammaticamente punto e a capo, tanto che al tavolo del confronto sindacale nei due ultimi incontri si è dovuto sedere anche il segretario nazionale fnsi... E la categoria che fa? Ne scrive? Solidarizza? Ci fa sopra grandi inchieste? Chi si interroga pubblicamente sui periodici, del loro destino e sul destino di chi ci lavora, sulla loro storia, una gloriosa storia? Radiopopolare, buon'ultima, fa dunque una diretta sul "caso Rcs"; ma agli ascoltatori di Radiopop interessa di più la guerra nel "salotto buono" della finanza oppure il destino dei lavoratori e delle loro famiglie? Certo, sono due argomenti strettamente connessi tra loro, ma non si possono continuare a ignorare le conseguenze dell'insensata, quando non assente, politica editoriale dello strapagato (bonus in entrata, bonus in uscita eccetera) management del gruppo. Siamo ancora in tempo a fare del giornalismo decente. Quello per cui si sentono tutte le voce e si racconta il davanti e il didietro di ogni vicenda. Per esempio facendo una diretta - o inchieste di prima pagina e di prima serata - dedicata stavolta soltanto ai periodici, ascoltando le voci di chi vi lavora/lavorava. Per esempio.