Redazione
Visite: 311
Perchè il caso Fanpage non convince
Redazione
Visite: 311
Cosa pensiamo del caso Fanpage? Naturalmente, giornalisticamente parlando, perchè politicamente non penso ci sia da dire molto, salvo ribadire il disgusto etico. Va bene, bisogna rimanere ottimisti, ci saranno - spero - tempi migliori. Ciò detto, il problema, almeno per me, rimane. E' giornalismo mandare uno - che giornalista non è - a contattare una controparte - oggi pubblica domani magari privata - proponendogli una combine truffaldina (appalti in cambio di tangenti) e poi avuta la risposta pubblicare il tutto? Ricordo che secondo i nostri principi deontologici il giornalista deve sempre farsi riconoscere come tale. Unica deroga possibile è quando l'esercizio pubblico della professione potrebbe essere causa di pericolo mettendo a rischio l'incolumità stessa del giornalista. E' proprio questo elemento che ha giustificato - e giustificherà - le inchieste in cui il giornalista si "camuffa" per potere raccontare quello che davvero accade in alcune realtà dove il pericolo è reale. Ma nel caso di Fanpage non c'è nulla di tutto questo. L'agente provocatore - non so come altro chiamarlo - non è un giornalista e apparentemente almeno non c'è una situazione di pericolo. E allora? Un amico - e collega - mi ha risposto che il discrimine è il fine, ossia smascherare il pubblico malaffare. Ho ribattuto che capivo, ma che trovavo questa giustificazione pericolosa. Molto pericolosa. Chi stabilisce i confini entro i quali la logica dell'agente provocatore è "giusta"? E chi sarebbe il giudice? Non so. Sono molto, molto, perplesso. Sarà l'età. Michele