Redazione
Visite: 396
Ordine, ma un altro. É possibile!
Redazione
Visite: 396
Si vota - il 19 e il 20 maggio per il rinnovo degli organi regionali e nazionale - e può essere stavolta il voto più importante nella storia del nostro Ordine. Ecco il programma e l'impegno di "O si cambia o si chiude. Un altro Ordine è possibile!" dei candidati di questo schieramento: "L'Ordine nasce nel '63. Da allora, nel mondo dell'informazione, è cambiato tutto. L'Ordine è rimasto lo stesso. O cambia o è meglio chiuderlo. Serve dunque una legge di riforma, che modifichi profondamente l’Ordine evitando la sua morte. Ma se non ci fosse più l’Ordine dei Giornalisti, cosa ne sarebbe del contratto? La cancellazione della legge 63\69 farebbe sparire il riferimento all'autonomia professionale: i giornalisti sarebbero sottoposti a un potere di indirizzo totale da parte delle aziende; toglierebbe ai Direttori il ruolo di garanti di quella stessa autonomia e quindi il potere di contrasto nei confronti degli editori a difesa delle redazioni; senza Ordine mancherebbe il soggetto titolato a definire e riconoscere la natura giornalistica del lavoro svolto, e i poteri disciplinari per il rispetto della deontologia oggi a carico del Consiglio di disciplina ricadrebbero in capo al datore di lavoro; senza Albo diventerebbe impossibile riconoscere l'attività giornalistica dipendente, cui si applicano i contratti di lavoro e le redazioni si riempirebbero di impiegati non più garanti del dovere di informare; senza Albo freelance e precari che già oggi se la vedono col "libero mercato", non avrebbero alcuna prerogativa rispetto a qualsiasi altro competitor amatoriale o professionale; infine sarebbe difficile sostenere che esiste una categoria che oramai si identifica con chi è iscritto all’albo. Ecco la nostra soluzione. Partiamo dalle cifre: oggi gli iscritti all'Ordine sono 112.000. 112 mila: il triplo dei francesi, il doppio degli inglesi e degli americani. 112 mila: ma solo un giornalista su 2 è attivo e solo uno su 5 ha un contratto. Non si può far finta di niente. Così non funziona. Quattro cose si possono fare subito senza aspettare la legge di riforma: 1) Potenziare la pulizia degli elenchi cancellando gli iscritti che non ne hanno più diritto. 2) Attivare istruttorie più incisive per l'ammissione dei giornalisti pubblicisti e dei praticanti d’ufficio. 3) Rendere più selettivo l'esame di Stato puntando sulla qualità, anche degli esaminatori. 4) Sorvegliare i master di giornalismo con l’obiettivo del rigore. Esiste un solo Ordine dei giornalisti, con un’articolazione nazionale e regionale. Oggi l’Ordine nazionale, anziché esercitare un ruolo di coordinamento e armonizzazione dell’azione dei Consigli regionali, finisce con l’ignorare le istanze che vengono dai territori. Ciò è il frutto di una politica centralistica vecchia e conservatrice. Siamo convinti che occorrerebbe un Consiglio nazionale assai più snello di quello attuale, capace di interloquire davvero con il Parlamento e con il Governo tenendo conto dei contributi che vengono dalle regioni. L’Ordine nazionale dei Giornalisti così com'è, non serve a nessuno. Non serve alla tutela della dignità professionale in un mercato che ha fatto della precarietà la normalità, Non serve ai lettori indifesi dalle manipolazioni e falsificazioni della politica e dell'economia. Giornalista è chi lo fa come attività professionale seguendone le regole deontologiche. Per garantire l’espressione del libero pensiero non serve l'iscrizione all'Ordine, basta l’art. 21 della Costituzione. Ci vuole una nuova legge, che rifletta i cambiamenti avvenuti in questi 50 anni nella professione giornalistica. Ora basta, la nostra pazienza è finita. O nei prossimi tre anni si approva una radicale riforma dell'Ordine o è meglio scioglierlo. La riforma che vogliamo si deve basare su pochi punti qualificanti: 1) Drastica riduzione del numero dei membri del Consiglio nazionale, che deve avere funzione di coordinamento e controllo per la deontologia, la formazione e l'accesso (scuole di giornalismo). 2) Valorizzazione del ruolo istituzionale dei Consigli regionali come autentiche sentinelle della deontologia sul territorio. 3) Accesso alla professione attraverso un solo canale, quello universitario, così come accade per tutte le altre professioni. 4) Un ruolo di coordinamento attivo con il sindacato per la tutela del diritto del giornalista a svolgere il proprio lavoro senza condizionamenti nel rispetto della verità dei fatti. SI VOTA il 19 e il 20 MAGGIO. O SI CAMBIA O SI CHIUDE. VIENI A VOTARE E SCEGLI IL CAMBIAMENTO-