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Non confondiamo reato d'opinione con diffamazione!


(da Milanosud) di Piero Pantucci Un recentissimo caso accaduto negli Stati Uniti ci aiuta a capire la differenza tra diffamazione e reato d’opinione: differenza che la forsennata campagna in atto per sottrarre Sallusti (direttore de Il Giornale) al carcere ha insensatamente cancellato. Ci si indigna per la vergognosa inciviltà̀ di un paese in cui si può ancora andare in galera per le proprie idee. E si aggiunge che «in nessun paese civile si perde la libertà per il reato di opinione». Verissimo. Ma non pertinente. Prendiamo il caso di quel parlamentare repubblicano, Todd Akin, vicino a Romney che ha recentemente affermato che «gli stupri legittimi raramente portano alla gravidanza», a sostegno della nota tesi antiabortista che nega sempre e comunque la liceità dell’aborto. Per quanti sforzi io faccia, non riesco ad associare alla parola stupro (ovvero deliberata violenza sul corpo femminile) l’aggettivo legittimo. Ma pazienza, ho dei limiti culturali. Akin però ha affrontato temi sui quali è poco informato e questo è grave per un uomo politico. Infatti da statistiche mediche risulta che negli USA circa il 5 % degli stupri porti a gravidanza, per un totale di circa 32.000 gravidanze all’anno. Questo Akin è dunque colpevole non tanto per il suo sostegno alla campagna antiabortista, quanto perchè combatte con armi improprie, diffondendo informazioni false. E non è sorprendente: il fanatismo non ha familiarità con la scuola: sua maestra di vita è l’ignoranza, negli Usa come in Italia. Però ̀ la colpa di Akin può essere sanzionata solo dal voto: gli va tolta la facoltà di dire sciocchezze non da un giudice, ma dall’elettorato. Il suo è il tipico reato di opinione, condito di falsità, che offende nella generalità tutte le donne, ma non diffama, nel particolare, nessuno. La diffamazione è invece lo strumento usato per colpire deliberatamente qualcuno, al quale attribuire atti o parole totalmente e consapevolmente inventati con lo scopo di danneggiarlo sul piano umano, su quello professionale. Questo non è un reato d'opinione  Sallusti non ha commesso alcun reato di opinione. Ha diffamato (con lo strumento del suo collega Farina) un magistrato pubblicando un violentissimo articolo in cui sosteneva che quel magistrato, in palese violazione della legge, aveva costretto una bambina ad abortire. Un falso. Questo non è un reato di opinione, ma una grossolana diffamazione a mezzo stampa. E questo crimine – perchè di crimine si tratta – viene fortunatamente perseguito anche col carcere (e in modo troppo blando, se si considera l’effetto devastante di una campagna diffamatoria) in Francia, come in Spagna, come in Germania, come in tutti i paesi civili. Ora la pena del carcere in Italia la si vuole abolire, cogliendo a pretesto proprio il caso di Sallusti, cioè di un giornalista cui la Corte di Cassazione attribuisce «spiccata capacità a delinquere», giudizio che non è  troppo forte, se si considera che, mentre ci si affanna a varare una legge confezionata su misura per lui, il reo diffamatore passa i suoi giorni dichiarando o vergando articoli in cui, mentre veste i panni del martire («preparo la valigia per andare in carcere»), insulta i politici «cialtroni, ipocriti e codardi» che non si affrettano fare questa legge, e nega di aver mai commesso il reato («quell’articolo non è neanche diffamatorio») e infatti non ha mai chiesto scusa delle infamie pubblicate contro il giudice nè ha pubblicato una rettifica; e infine definisce “delinquenziale” la sentenza della Cassazione. Questo è l’uomo per il quale si sta stravolgendo l’idea di diritto e si sta approntando una norma ad hoc che gli eviti la meritata cella: un guappo di cartone che, forte dell’impunità che si sente assicurata dalla più dissennata difesa politica, corporativa e castale che io ricordi, si può permettere di dileggiare la Procura di Milano, che ha volutamente ritardato i tempi dell’arresto, definendola “vigliacca” perché  non lo ha ancora mandato a prendere. Ben sapendo, come ha sarcasticamente osservato Gerardo d’Ambrosio, che «Sallusti non va in carcere nemmeno se bussa». Purtroppo. Piero Pantucci GRAZIE all'Associazione Milanosud, sul cui omonimo mensile, nel numero di novembre 2012, esce il pezzo che abbiamo ripreso
       
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