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Ministra, è ora di cambiare


"Non una legge per Sallusti ma una legge per il giornalismo libero. Vogliamo evitare che il clamore sul caso Sallusti faccia passare sotto silenzio che altri, meno noti, possano finire in carcere". Così il segretario della Fnsi, Franco Siddi, rivolto alla ministra della giustizia, Paola Severino, in apertura del dibattito, organizzato oggi da Fnsi e Ordine, sulle proposte di modifica all'ordinamento penale e civile in materia di diffamazione e tutela dell'esercizio della libertà' di informazione. Al dibattito hanno inoltre partecipato il presidente della Fnsi, Roberto Natale, quello della Fieg, Giulio Anselmi, e il segretario dell'Ordine nazionale  Giancarlo Ghirra. E Silvia Garambois per illustrare la posizione di Giulia, la rete delle giornaliste che ha anche presentato un esposto contro Sallusti all'Ordine della Lombardia. Posizione senza sconti sintetizzabile come "i sallusti fuori dalle galere ma fuori anche dall'Ordine". "Le modifiche alle norme sulla diffamazione sono un tema su cui - ha ricordato Siddi - da tempo la Federazione è impegnata, con l'Ordine e con le associazioni 'Libera Informazione' e 'Articolo21', per affermare alcuni punti imprescindibili. Innanzitutto l'eliminazione del carcere per il reato di diffamazione a mezzo stampa, poi l'importanza della rettifica, che deve essere considerata motivo di esclusione della punibilità".  Ancora, l'introduzione del principio che non commette reato chi riporta letteralmente dichiarazioni altrui nei cosiddetti 'virgolettati', e l'estensione del segreto professionale anche ai giornalisti pubblicisti. Infine, la questione delle 'quereletemerarie', contro le quali introdurre un meccanismo per rafforzare il diritto al risarcimento dei danni. Roberto Natale, in apertura dei lavori, ha subito sottolineato che non c'è alcuna richiesta di provvedimento ad personam: "La campagna che stiamo facendo non è per una legge Sallusti", come dimostra (ha detto mostrandola) una pubblicazione Fnsi che risale a due anni fa. "Da anni  chiediamo una profonda riforma della normativa sulla diffamazione, secondo quanto esigono dall'Italia gli organismi internazionali. No al carcere per i giornalisti, sì al rispetto rigoroso del diritto del cittadino a una corretta informazione: rettifica vera, sanzioni economiche, sospensione e se necessario radiazione dall'albo professionale". "Siamo qui per dire no al carcere per chi scrive- ha ribadito Giancarlo Ghirra, segretario dell'Ordine- per chi manifesta le sue idee, per i tanti giornalisti che rischiano pene anche detentive, e pesanti richieste di danni da parte di poteri forti. Giornalisti coraggiosi, spesso precari, che  si battono per scrivere la verità in province dove imperversa la criminalità, sfidando i potenti locali e quelli di rango nazionale.  Sento un certo disagio a parlare di libertà di informazione mettendo sullo stesso piano chi non transige nella lotta ai potenti e chi usa dossier e falsi per linciare gli avversari politici di turno, ma non c’è bisogno di citare Voltaire per capire che la libertà va tutelata anche contro i suoi nemici". Ed ha rivendicato la funzione dell’Ordine, chiedendo misure più serie e rigorose, in particolare la sospensione dall’esercizio della professione o la radiazione, purché "senza furbizie". Rivolto alla ministra, Ghirra, facendo riferimento alle sanzioni comminate dall'Ordine della Lombardia contro Feltri e Sallusti per Farina, le ha chiesto: " Ci deve dire lei che cosa si fa davanti a direttori sospesi perché continuavano a far scrivere giornalisti radiati. Che si fa? La legge li colpisce o si subisce passivamente l’elusione della legalità?". Da qui la richiesta, ennesima, a riformare la legge sull'Ordine vecchia di cinquant'anni, inserendo sanzioni immediate in caso di mancata rettifica o pene innovative come dover pubblicare a tutta pagina "Ho pubblicato un falso". Altrimenti a perderci, oltre alla credibilità della professione giornalistica, in modo irreparabile, è la stessa democrazia.".
       
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