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"Michele chi?", il Cav e il giornalismo beffato
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Dopo la ahinoi seguitissima puntata di Servizio Pubblico di Michele Santoro e la conseguente consapevolezza della resurrezione politica dei morti viventi la depressione dilagava tra i nostri post. Era come svegliarsi da un incubo e scoprire che non era un incubo, per la regia di George Andrew Romero. Ma, siamo giornalisti, malattia incurabile, e dunque la discussione in Nuova Informazione ha preso subito la piega di analisi del tasso di giornalismo entro lo "spettacolo" della trasmissione. In verità tutto era partito da una battuta ironica di Miti che, linkando un pezzo del Corriere su "Fare i giornalisti nel Regno Unito", titolava: Emigriamo? Il primo a rispondere è stato uno di noi che è emigrato sul serio, in Spagna, sferzante, in purissimo stile Franco Mimmi: "Dopo avere assistito al demenziale sproloquio di Santoro su granada, tori, toreri, vienna, tubi innocenti (suppongo nel senso della marca) centomila non si sa che, canzone napoletana strappacore, mi sono definitivamente convinto che per molti giornalisti l'unico paese possibile è l'Italia. Anzi, un vero Bengodi". Diciamolo: quel che ci ha fatto fremere come giornalisti-spettatori è stata l'occasione perduta di ribattere, incalzare, controinformare nonchè la conferma di un "accordo" pretrasmissione - cosa grave già di per sè - divenuto camicia di forza per i quattro giornalisti in studio e che per giunta, in finale, B. ha beffardamente stracciato. Ma non c'era da aspettarselo? Anche lo spettatore simplex ne era consapevole. In maniera diversa: allibito chi crede ai confronti nel rispetto delle regole, gongolante chi tifa per i furbi. Il polso ce lo dà Saverio Paffumi: "Ho seguito il "duello", che poi è stato un "monello", chattando contemporaneamente su Facebook. Ho raccolto post tra l'incredulità e lo sconcerto. Credo che occorra ragionare sul giornalismo-spettacolo, non sempre le due cose stanno insieme. Quel che è mancato ieri è stata la capacità di smontare "nel merito" le tesi del Cavaliere, forse perché l'obiettivo da raggiungere era soddisfare il narcisismo della regia di Santoro, la cui rabbia è sembrata pretestuosa o addirittura "finta", ovvero parte dello spettacolo, obbligata. A che serve dirgli che è vecchio? A che serve dirgli che si deve vergognare se non si è stati in grado di metterlo davvero in difficoltà su un solo argomento? Solo Travaglio ha strappato un applauso convinto, dopo circa due ore di dominio del Cavaliere (ore 23,30 circa), ma subito dopo ecco la penosa performance della "letterina" contrapposta, che non finiva più. Geniale, dal punto di vista del signor B., ingestibile da parte di Santoro che perde le staffe e poi di fatto manda via il Cavaliere per chiudere in solitudine (ed elaborare il lutto della sconfitta?). Mi è sembrato penoso anche Vauro, ma forse a quel punto ero troppo depresso per mettermi a ridere". Qualcuno è amarissimo, come Giuliano Modesti: "Ho sempre pensato che Santoro abbia fatto perdere voti alla sinistra, sin dai tempi delle sue trasmissioni su Rai3. Ed è chiaro che, senza B., la sua carriera e quella di Travaglio sarebbero state assai meno brillanti e fruttuose. Purtroppo, non credo che i loro show non spostino voti: nel magma dei "moderati" c'è una buona dose di indecisi che basta poco a far spostare da un lato all'altro della bilancia.Al di là di ciò, da tempo penso che, se mai si arrivasse a una seria riforma dell'Ordine, sarebbe anche da valutare se fare gli "opinionisti" e/o i conduttori di talk show sia o no esercitare la professione giornalistica. Comunque, lo spettacolo di ieri mi è sembrato noioso e triste sotto tutti gli aspetti (salvo la Innocenzi e la Costamagna - come ha ben detto Paola - che, però, sono state relegate in un angolino), dall'inizio al moscio finale nel quale anche Vauro ha dato il peggio di sé". Ma mica tutti son convinti, e neanch'io, che almeno le due colleghe si salvino, come aveva giustappunto sostenuto Paola Rizzi ("Riflessione conclusiva dopo la frustrante puntata di servizio pubblico di ieri: meno male che almeno due giornalisti con le palle c'erano, la Innocenzi e la Costamagna, però oscurati da tutte le altre belle fighe in studio"). Perché dentro il gioco, ovvero dentro il Grande Patto, c'erano tutti. Come fa notare Davide, infatti "La questione è molto semplice e rientra negli "accordi": Berlusconi ha chiesto a Michele e Marco di non entrare nel merito dei processi, quindi capi imputazione, intercettazioni, interrogatori... E per questo pare si siano tenuti - a proposito della telefonata di B. mentre la Merkel aspettava - dal ribattere dicendo "guardi che dalle intercettazioni quel giorno a quella ora risulta che lei era al telefono non con la Turchia ma con l'Italia, non con un premier ma con una delle sue olgettine" (cercate in google..).. Quindi quando lui ha rotto il patto Santoro ha dato di matto. Perchè é vero che le cause per diffamazione arrivano a pioggia quando scrivi dei "potenti"...". Ce n'è anche e giustamente per la sinistra. Scrive Gabriele Porro: "Quando la sinistra, o il centro-sinistra, o i progressisti (chiamateli come volete) italiani e i loro elettori si renderanno conto che non li fanno vincere nè i conduttori tv, nè i giudici, nè i governanti esteri anti-Silvio, ma, se li hanno, i loro programmi e i loro candidati, possibilmente decenti? Invece da vent'anni siamo appesi alle Boccassini, ai Santoro, alle Merkel di turno. E infatti perdiamo (quasi) sempre, anche quando pare impossibile, come stavolta. Nel merito di "Servizio pubblico" (una noia mortale, peraltro) hanno vinto sia Silvio che Santoro, il quale era in cerca di rilancio di ascolti e pubblicità. Nient'altro, e li ha avuti, in grande abbondanza. Come andrà l'Italia, è un'altra questione, di cui importa, mi pare così così". Si chiede Marco Brando: "A me piacerebbe sapere come ha fatto Santoro ha lavorare per tre anni per Silvio (che era già noto per tutto, stalliere incluso) a fine anni '90. Però di certo, secondo me, B. ieri ha saputo usare la tv meglio di Santoro... A parte il fatto che non credo abbia spostato consensi: a chi è piaciuto, piaceva, a questo punto, anche prima; chi lo detesta, lo detestava anche prima ". Conseguenza inevitabile, la rivalutazione di Bruno Vespa. Sacrosanta, poichè se l'analisi è centrata sulla capacità professionale allora, come fa notare Oreste Pivetta, "Vespa, sa intuire da che parte gira il vento e da grande professionista sa maneggiare la televisione, conosce gli argomenti di cui parla e sa pure ritrovare qualche attimo di dignità, cercando di contenere il cabaret di Berlusconi al contrario di Santoro". Il dibattito è continuato e continua. Ma, uscendo un attimo dal recinto giornalistico, resta la preoccupazione per l'assalto alla Costituzione. Il tema tormentone di tutti gli interventi elettorali del Cav. è che la Costituzione-va-cambiata-perchè-ci-impedisce-di-governare. Non l'avevamo già sentito? Ad esempio nel Piano di rinascita democratica di Lucio Gelli? m.c.