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Marcella, vita da cronista di razza


di Aldo Borta E’ stata colpita assai, e inorgoglita, dalla motivazione, Marcella Andreoli, di fresco insignita del premio Vergani “Vita da cronista”. E allora riportiamola, la motivazione: “Cronista nata, carattere deciso e determinato, personalità spiccata, nella sua lunga attività di giornalista e scrittrice Marcella Andreoli è stata testimone attenta e precisa della stagione di Tangentopoli, investigatrice scrupolosa del fenomeno nascente e dei primi passi del terrorismo di matrice islamica in Italia, nonché lucida narratrice di molti dei più clamorosi casi di cronaca nera nel nostro Paese. Un esempio di stile e di professionalità inimitabili”. Marcella Andreoli è nata sulle rive del lago di Garda, a Gardone, ha vissuto e lavorato tantissimi anni a Milano, ed è poi tornata, negli ultimi anni di attività e ora che è da poco in operativa pensione, a Muslone, piccola frazione sui monti alle spalle di Gargnano. Bresciana, non ha mai lavorato per la stampa della città. Tre le testate della sua storia, ognuna caratterizzata da un periodo storico nella storia d’Italia. Esordio all’Avanti (non quello di Lavitola, neh, ma quello diretto dall’insigne storico Gaetano Arfè) all’inizio degli anni Settanta, professionista nel 1973, ha seguito per il quotidiano socialista le piste nere e quelle rosse, il movimento di estrema destra Mar-Fumagalli, la strage di Brescia. Poi gli anni dell’Europeo, con le direzioni (e la scuola) di Lamberto Sechi e Claudio Rinaldi, all’inizio degli anni Ottanta quando è esploso il fenomeno della P 2, con i tutti i suoi annessi. Poi i vent’anni a Panorama, chiamata dallo stesso Claudio Rinaldi, e il progressivo mutamento di pelle (dato cronistico e non giudizio politico) del settimanale con i successori Monti, Ferrara e Rossella. Il lavoro a Panorama ha coinciso soprattutto con gli anni di Tangentopoli, affrontati con lo spessore e la vocazione all’inchiesta che sono tipici dei periodici.Da Tangentopoli, Marcella Andreoli ha fatto dipanare anche una parte della sua produzione libraria. Ha iniziato con “Andavamo a piazza Duomo”, un dialogo con Mario Chiesa, primo arrestato e prima palla di neve che ha dato origine alla valanga. E’ del 1994 “Processo all’Italia”, libro che spiega come non sia stata solo gran parte della classe politica a essere spazzolata da via da Tangentopoli, ma come la ricaduta abbia coinvolto anche, ad esempio, i servizi segreti o la stessa mafia. Altro libro riconducibile a Tangentopoli “Il direttore d’orchestra”, una biografia del procuratore Francesco Saverio Borrelli. Infine, nel 2005, “Il telefonista di Al Quaeda” lunga e avventurosa intervista (in luogo segreto e protetto) con il primo, se non l’unico pentito della rete terroristica islamica.La pensione, abbiamo detto, di Marcella Andreoli è solo un cambiamento di status, ma non l’addio alla professione. Mentre produce vino e olio (anche nel ricordo del marito Giulio Obici, sodalizio d’amore ma anche di professione e di sentire civile) sui monti del Garda, pensa a nuovi libri.
       
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