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Inpgi, una picconata all'autonomia


Da pochi minuti é arrivata nella sede dell'Inpgi la sentenza del Consiglio di Stato su una questione che da tempo agita il mondo della previdenza privata e privatizzata. Secondo il dispositivo le casse sono da considerarsi vincolate ad entrare nel cosiddetto elenco ISTAT. Cosa significhi è presto detto, si tratta dell'elenco degli enti di natura pubblicistica i cui bilanci vengono conteggiati nel bilancio dello Stato. Per questo gli enti compresi nell'elenco, tra cui appunto l'Inpgi, secondo la sentenza sono obbligati a sottostare, ad esempio, alle regole della spending review. Ciò comporta che la nostra cassa previdenziale deve operare dei tagli lineari, 5% quest'anno e 10 il successivo, sui cosiddetti costi intermedi e versare i risparmi ottenuti nelle casse dello Stato.I costi intermedi sono quelli che si ottengono escludendo dal bilancio le prestazioni - e quindi le pensioni sono al sicuro - e i costi strutturali, come gli stipendi. Comprendono però vari capitoli di spesa che hanno un rilievo notevole per l'istituto, come i contributi alle strutture sindacali regionali per la gestione degli uffici di corrispondenza e altre che potremmo guardare con sufficienza, come i mezzi di servizio e i ticket restaurant dei dipendenti, altre che comunque hanno una rilevanza come convegni e seminari di aggiornamento per i quadri sindacali. In attesa di analisi più approfondite e del commento ufficiale dell'istituto, la considerazione di fondo però è una: questa sentenza limita l'autonomia dell'Inpgi in un momento in cui dovrebbe averne molta di più, per adattarsi alla trasformazione ormai quasi compiuta del settore. Fino a che punto la limiti è da vedere, ma un tabù viene infranto. - - - - - - - - COMUNICATO DEL PRESIDENTE INPGI, ANDREA CAMPORESE:“Una sentenza contraddittoria, che ci trova in totale dissenso, che si inserisce in modo non omogeneo nell’impianto normativo generale che sovraintende al sistema degli enti pensionistici privati e privatizzati”. E’ questo il primo commento del presidente dell’AdEPP Andrea Camporese alla sentenza del Consiglio di Stato che ha respinto il ricorso contro l’inclusione delle Casse nell’elenco elaborato dall’Istat. “E’ ovvio che le sentenze vanno rispettate – continua Camporese – ma è anche evidente che la battaglia giudiziaria in difesa del perimetro di autonomia non si può arrestare. Andremo in Corte Costituzionale a sostenere i nostri diritti sanciti dalle leggi di privatizzazione e percorreremo anche la via della Corte di Giustizia Europea. Da troppi anni sosteniamo la necessità di chiarire i confini della nostra responsabilità a tutela degli iscritti”.Nel merito, il Consiglio di Stato ha ribaltato due sentenze del Tar favorevoli agli Enti di previdenza privati. Sostenere, come fa il Consiglio di Stato, che le Casse conservano una funzione strettamente correlata all’interesse pubblico, costituendo la privatizzazione una innovazione di carattere essenzialmente organizzativo, confligge con l’attività di autogoverno chiaramente evidenziata nelle leggi di privatizzazione 509 e 103.  “Gli Enti deliberano su contributi e prestazioni, sugli investimenti, su una miriade di altri aspetti – continua Camporese – e proprio in virtù della loro ampia facoltà di determinazione vengono vigilati da innumerevoli soggetti, Ministeri del Lavoro e dell’Economia in testa. Se il carattere pubblicistico della nostra attività è indiscutibile, l’associarci alle Pubbliche Amministrazione crea una evidente contraddizione giuridica. La finalità statistica dell’elenco Istat non è mai stata in discussione, mentre è sempre più evidente l’utilizzo improprio fatto dal legislatore nel richiamare l’elenco con finalità diverse ed estranee”.L’Assemblea dei Presidenti aderenti all’AdEPP non si è mai sottratta ad un ragionamento sul bene e sul futuro del Paese. Gli interventi a sostegno del debito pubblico, dell’housing sociale, le stesse aperture verso strumenti economici concordati a sostegno della crescita sono stati ripetutamente sottovalutati.“Applicarci la revisione della spesa pubblica, incidere nei contratti privatistici sottoscritti con le organizzazioni sindacali, prevedendo di versare allo Stato il risultato del risparmio, rischia di essere inefficace nelle quantità e controproducente nella gestione dei servizi, mentre noi restiamo dei grandi contributori dello Stato, attraverso livelli di tassazione unici in Europa, senza nulla chiedere in cambio.Il nodo della privatizzazione va sciolto – conclude Camporese – attraverso una norma di sistema, finalmente liberale, che ponga fine ad una diatriba contraria al bene comune. La sofferenze dei giovani professionisti, le difficoltà di oltre due milioni di persone che generano quote importanti del PIL in assenza di qualsiasi ammortizzatore sociale, non possono essere superate soltanto da un atto giudiziario. La nostra responsabilità resta in campo in un Paese che si avvia alla consultazione elettorale. Le ragioni del lavoro sono anche le ragioni del mondo delle professioni”.  Roma, 29 novembre 2012
       
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