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Giuliana Dal Pozzo. Che accese la luce sulla violenza
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di Marina Cosi Domattina, in via della Camilluccia 120 a Roma, si terranno i funerali di Giuliana Massari Dal Pozzo, giornalista. Ma mica una giornalista qualunque: una grande donna che ha visto le ingiustizie, le ha denunciate, scrivendo e riscrivendo, e poi si è tirata su le maniche ed ha cercato soluzioni. Dall'Unità a Paese Sera alla direzione di Noi donne fino alla fondazione - e qui la cronista esce dalla professione e diventa lei stessa parte della cronaca - di Telefono Rosa. Noi siamo giustamente orgogliosi di colleghi come Biagi, Bocca, Nozza e vabbè pure di Montanelli e prima ancora del "mitico Barzini". Ma le giornaliste? Se chiedi ai giovani, mica a giovani qualsiasi, ma a quelli delle scuole di giornalismo, loro annaspano, frugano nella memoria e qualcuno, ma solo qualcuno, ne cava un nome soltanto, quello della Fallaci. Niente sulle "misconosciute", come le ha definite Oreste Pivetta nella sua ultima interessante lezione al Master di giornalismo della Statale, partendo da Tina Merlin e Grazia Cherchi. Giuliana Dal Pozzo, senese, aveva 91 anni e da sei (sia lode a Giorgio Napolitano) era Grande ufficiale della Repubblica proprio a riconoscimento delle sue parole ed opere spese in soccorso delle donne maltrattate. Quando il femminicidio non esisteva nè come parola nè come consapevolezza, ma era una realtà che da secoli grondava sangue. Quando le sberle e i calci invece un nome sì che ce l'avevano ed era "correzione maritale". Andò così: dopo anni all'Unità e poi a Paese Sera, Giuliana era andata a lavorare a Noi Donne - il foglio dell'Udi, Unione donne italiane, fondato nel 1944 e che fu e resta non solo strumento di analisi e confronto per le militanti della sinistra, ma il laboratorio per campagne e proposte di legge sul lavoro e sui diritti - , a lungo affiancando Miriam Mafai e poi sostituendola alla direzione. Gestiva "la posta", ricevendo migliaia di lettere e rispondendo sul settimanale (oggi mensile) alle più significative. Ascoltava le confidenze dirette o i racconti mediati di continui soprusi, ma anche verificava l'esistenza di una violenza domestica trasversale e quotidiana che faticava a venire denunciata (perchè "è sempre andata così", perchè le leggi sottovalutavano, perchè le forze di polizia "non amavano occuparsi di questioni private"). Nel 1988 decise che se nessuno faceva niente, ci avrebbe provato lei: con cinque volontarie, in una stanzetta ottenuta dal Comune, creò un centro d'ascolto. Era il primo Telefono Rosa, che ora ha ben altra diffusione nazionale e dimensioni e per cui lavorano, sempre da volontarie, molte esperte che parlano diverse lingue (avvocate civiliste, penaliste, mediche, psicologhe, assistenti sociali, mediatrici culturali). Giuliana Dal Pozzo accese la luce su una tragedia, offrendo solidarietà umana e indicazioni d'aiuto concrete. Molte altre associazioni sono poi sorte sulla scia e hanno costruito baluardi, a partire dalle case rifugio per le donne maltrattate ed i loro bambini. Le "sue" storie Giuliana le ha raccontate anche in molti libri dal più noto "Così fragile così violento. Le donne raccontano la violenza maschile" del 2000 per gli Editori Riuniti all'esauritissimo "Donna 70" per Teti editore. Ma non scrisse solo di saggistica: si sperimentò anche nel racconto con "Ilia di notte" (2001) e nella diaristica con "La maestra; una lezione lunga un secolo" (2008). In conclusione vorrei provare a dire la mia, riconoscendo in questa, come in altre vite eccellenti, una caratteristica che è soprattutto, ma non soltanto per fortuna, delle donne. E che consiste nell'impellenza di passare dal dire al fare. Non bastando a molte il lavoro di riflessione intellettuale o di testimonianza giornalistica, di fronte all'intollerabilità dell'ingiustizia o del sopruso, sono passate e passano a costruire soluzioni. Ne conosco molte. Giornaliste, magistrate, psicologhe, insegnanti.... Anche giovani e non si capisce come facciano a tenere tutto assieme, fra lavoro, bambini, famiglie, impegni sociali. Ma soprattutto anziane: invecchiano, hanno comunque molto più da fare dei loro coetanei maschi. Però sono la maggioranza del volontariato. Inventano iniziative, corrono in soccorso, distribuiscono cibo, insegnano l'italiano. E quasi tutte, chissà perchè, misconosciute.