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Ciao Sara Bianchi. L'esile confine tra vivere e morire
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di Marina Cosi
Ieri è morta Sara Bianchi e martedì pomeriggio a Sesto, in Santo Stefano, si terranno i funerali (i particolari più oltre), collega competente, seria, per bene. Giovane, 45enne da neanche un mese, giornalista del Sole24ore, volto della tv e della web tv. I nostri rappresentanti l'hanno conosciuta anche come consigliera regionale in Lombarda e segretaria Alg, per Impegno Sindacale (la componente cattolica un tempo alleata con noi ed ora con Stampa Democratica), nonché scrupolosa consigliera generale Inpgi e vicefiduciaria lombarda. Con Sara, essendo lei per sua e nostra fortuna del genere "fedele alla linea ma leale con le persone", i rapporti sono stati e rimasti profondi ed ininterrotti. Era anche molto bella Sara e portava in giro questo suo volto angelico ed il corpo flessuoso con una discrezione e naturalezza che -annotavo, da donna- creava soggezione in tanti uomini. Cattolica sociale per salda convinzione familiare, aveva iniziato la professione a Telenova, l'emittente tv delle Edizioni San Paolo, quindi passò al quotidiano della Confindustria nella sua breve stagione della "Tv del Sole" e quasi subito le capitò di dover tenere la lunghissima diretta sull'abbattimento delle Torri gemelle l'11 settembre 2001. Ha continuato ad andare in onda, sul wed del Sole, occupandosi in prevalenza di politica ed economia.
Inoltre in quanto giornalista prima o poi ciascuno di noi ha avuto modo di intervistare o seguire il padre, Giovanni Bianchi, sestese, storico presidente delle Acli, presidente dei Partigiani cristiani, un passato nella Dc e poi, dopo essere stato segretario del Partito popolare e della Margherita, pluriparlamentare per il centrosinistra.
En passant anche Francesco Gaeta, il marito, conosciuto proprio al Sole, ora a Famiglia Cristiana, è un collega. Fin qui l'affettuoso e pubblico necrologio, condiviso da tutti noi di Nuova Informazione.
I funerali saranno celebrati martedi alle 15.30 a Sesto San Giovanni nella chiesa di Santo Stefano in piazza Luigi Petazzi.
La camera ardente è stata allestita all'Istituto dei tumori di Milano in via Ponzio 8: oggi pomeriggio e' chiusa, domani sara' aperta dalle 9.30 alle 11.30 e dalle 14 alle 16.30. Per chi volesse ricordare Sara con una donazione, il marito e nostro collega Francesco (francesco.gaeta@stpauls.it) suggerisce la Fondazione Casa della Carità di don Virginio Colmegna come associazione a loro particolarmente cara.
Per chi voglia vederla in video o saperne di più ecco sei link:
Da qui in poi, invece, potete non leggere. Quando mi è arrivata la notizia, mi ha piegata in due. Ma mica ha colpito la Marina di cui sopra, nella sua parte solidale e amicale, ma la Marina animale. Quell'animale che noi siamo e che fiuta il pericolo, reagisce con istinto - la razionalità suivrà, e neanche sempre - ai segnali di allerta.
Perché quest'estate a Sara, già operata allo stomaco, han scoperto di nuovo l'ospite maligno. Un'estate burrascosa anche per me. E così ci siamo trovate sedute accanto nelle lunghe ore d'attesa all'Istituto dei Tumori, parlando fittamente di tutto, con una lievità ed una confidenza nuove. Lei era quasi sempre accompagnata dalla famiglia, padre e madre (una mamma straordinaria, ottimista in maniera naturale e contagiosa) e naturalmente dal marito Francesco. Nel frattempo ci siamo scritte e nell'ultima sua lettera, in cui si scherzava sul fatto di essere tutte nate sotto il segno della Vergine, pure il marito, mi aggiornava sulle terapie. Iniziate a fine settembre, settimanali, "ma dovrebbero essere meno pesanti...". E si facevano progetti. E mi ragguagliava sulla questione d'un collega che m'aveva chiesto informazioni su una pratica d'affitto, essendo lei nella Commissione alloggi dell'Inpgi.
Una serena normalità, resa un po' laboriosa da questa "grana" del tumore. Poi oggi, di prima mattina la notizia mi arriva via radio, mentre ero china sul lavandino a travasare l'olio (ottimo, di mio padre). Dentro di me è scattata l'identificazione animale. E m'è scappato l'olio, che porta pure sfiga. Fine del lungo inciso personale (e non ne parliamo più).