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Alla ricerca del '68 perduto
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di Giovanna Tettamanzi Ieri, domenica 20 maggio, si è tenuta “un’iniziativa evocativa, una bella occasione di festa e riflessione”. Così l’ha definita Natale Carapellese (consigliere Pd Municipio5), che l’ha organizzata in collaborazione con alcune associazioni del territorio. Tema: il ’68. Luogo: Parco delle Cascine Chiesa Rossa (sotto un bellissimo portico che ci ha protetto dal susseguirsi di temporali), un’area della feconda “terra di mezzo” del sud Milano, al limite delle risaie e dei palazzoni del Gratosoglio, lungo il Naviglio Pavese. Un intenso pomeriggio di interventi, letture, musica (con il gruppo Numantini e il loro repertorio di brani del ’68) per rievocare e analizzare il movimento di “quegli anni formidabili” e le sue ricadute sindacali, politiche, sociali, attraverso le testimonianze di alcuni grandi protagonisti dell’epoca. Su un punto in particolare i relatori si sono trovati praticamente d’accordo: il ’68 è arrivato come un fiume in piena, una forza propulsiva che ha travolto tutto e tutti, cogliendo partiti e sindacati impreparati. Presenti all’incontro: Marco De Poli, direttore del giornale “La Zanzara” del Liceo Parini nel ’66, che è stato intervistato da Stefano Ferri, direttore di Milanosud; Marco Boato (al tempo, leader di Lotta Continua), sociologo, giornalista, ricercatore universitario e più volte parlamentare, che ha parlato senza toni nostalgici né celebrativi del “Lungo ’68 in Italia e nel mondo” (è il titolo del suo recente libro). A seguire: Aldo Marchetti, docente Unimi e autore di saggi; Lidia Campagnano giornalista (Manifesto/Pdup) e scrittrice; poi è arrivato l’intervento appassionato di Barbara Pollastrini, deputata Pd, ex ministro, docente. E le importanti ricostruzioni dal mondo del lavoro di due grandi sindacalisti e politici come Antonio Pizzinato e Sandro Antoniazzi. Tra i partecipanti anche scrittori e giornalisti: Alberto Rollo, per presentare il suo libro “Un’educazione milanese”, e la collega Valentina Agostinis con “Swinging city”, un testo sulla Londra negli anni di grande fermento musicale e stilistico che hanno preceduto il ’68. Un pomeriggio intenso, un osservatorio privilegiato in un’atmosfera un po’ sospesa tra il tentativo di ritrovare le energie di un tempo e la voglia di ricordare e soprattutto di “riconoscersi”. Colpo andato a segno? Certamente sì, anche se molto ancora c’è da raccontare sul ’68, fatto anche di gioia e liberazione, grandi entusiasmi e qualche delusione (o aspettative mancate). E, al di là “dell’Amarcord”, molto ancora c’è da analizzare (vero che lo hanno già fatto in tanti, con libri, film, speciali tv, ricostruzioni documentaristiche…), delle responsabilità che ha trascinato con sé negli anni bui che lo hanno seguito. “Un tributo leggero e profondo”, per citare ancora Carapellese, che promette una seconda puntata: la ripresa è fissata per settembre. Stesso luogo. Altri protagonisti…