Tariffe minime, il Tar dice di no ai giornalisti
Information
Sindacale

Tariffe minime, il Tar dice di no ai giornalisti

Information
Mauro Miserendino Nessuna valutazione

Poteva essere il momento giusto per cancellare compensi da tre euro ad articolo che affamano la professione. Ma purtroppo il Tar Lazio

il 15 novembre scorso ha respinto il ricorso di Associazione Stampa Romana ed Associazione Stampa Siciliana volto ad ovviare alla mancata emanazione di tariffe minime di legge vincolanti per gli editori. La sentenza allegata fa discutere: per i giudici il vuoto normativo non c’è, ma nella realtà sì e fior di giuristi se ne sono accorti. 

Breve prologo. Nel 2006 il decreto 223 dell’allora ministro dello Sviluppo Pierluigi Bersani abolisce le tariffe minime professionali. Obiettivo: tutelare la concorrenza. Già nel 2012 però una legge, la 27, reintroduce l’equo compenso, che va proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto; e rimanda le professioni tutelate da ordine a tabelle approvate dai ministeri (Giustizia e Salute). Sempre quell’anno il Ministero di Grazia e Giustizia con il decreto 140 ammette tariffari minimi per commercialisti, notai, avvocati, ingegneri. 

Nel 2018, la Regione Siciliana applica l’equo compenso a tutti i suoi fornitori lavoratori autonomi. Mancano solo i giornalisti: l’Associazione Stampa Siciliana affiancata dai colleghi della Romana ricorre al Tar Lazio contestando che il silenzio dei governi sulla richiesta dei giornalisti di avere un tariffario vale un inadempimento. Ma il Tar dice no. Primo, i tariffari vanno normati con regolamenti od atti amministrativi generali, che la Pa non ha l’obbligo di emanare. Secondo, il silenzio-inadempimento può essere contestato solo per provvedimenti amministrativi rivolti a specifici destinatari e non per quelli generali citati. Terzo, non c’è alcun vuoto normativo: i parametri del giornalista free lance possono essere “dedotti” da quelli di notai, ingegneri & co.

Mentre veniva resa nota la sentenza il presidente dell’Anticorruzione Giovanni Busìa ha “rimproverato” il ministro della Salute perché non trova né tariffari minimi né parametri per capire come la sanità pubblica debba retribuire il giusto i “medici a gettone”, i “free lance” della Medicina. Nel caso dei medici l’assenza di tariffe, in carenza di forza lavoro, fa alzare i prezzi delle prestazioni libero professionali. Tutt’altra storia per i giornalisti per i quali si conferma una ingiusta discriminazione foriera di compensi indegni.